Leggo con piacere su Pandemia che nel Regno Unito il buzz marketing “fasullo” sarà reato, tagliando così le gambe alle tante iniziative false che alcune scorrette compagnie hanno messo in piedi per cavalcare indebitamente l’onda del buzz “2.0”.
Il buzz marketing è quella forma di marketing che punta tutta la sua attenzione sul passaparola. La società spesso coinvolge in prima persona alcuni opinion leaders (come blogger famosi, giornalisti 2.0, ecc.) facendo loro provare il prodotto e/o vivere un?esperienza nella speranza di innescare un positivo passaparola tra utenti.
La questione è ovviamente molto delicata, perchè un buzz marketing sano accoglie positivamente anche gli eventuali feedback negativi degli utenti, visti come occasione di crescita e sviluppo per il prodotto. Di più, avere qualche autorevole personaggio invitato all’evento di buzz marketing che parla male del prodotto, è un rafforzativo degli altri (si spera numerosi) commenti positivi, che acquistano credibilità.
Nel Regno Unito l’advertising online si è ritagliato una fetta del 10% circa sul totale, il che fa capire il perchè di tutto questo interesse normativo attorno ad un fenomeno che da noi è ancora molto di nicchia.
D’ora in poi, quindi, chi parla di un prodotto e/o servizio, dopo essere stato coinvolto in una campagna di buzz marketing, dovrà dichiararlo apertamente. Vita dura, quindi, per i finti consumatori soddisfatti…
La storia italiana insegna però che noi arriviamo, spesso tardi e male, ma arriviamo. Questi temi saranno quindi di attualità anche da noi, e guardare all’esperienza europea in questo senso non può fare che bene.