Nei mesi passati, ho avuto modo di leggere sul Web alcune disquisizioni e discussioni in merito ad una questione che reputo, pertanto, un po’ spinosa: la possibilità, per coloro i quali svolgono una collaborazione coordinata e continuativa, di avere una propria partita IVA.
L’argomento è stato trattato e regolato con particolare attenzione dal Ministero del Lavoro, proprio pochi mesi fa, esattamente a dicembre 2008. Proprio per questo, sarà bene definirne i parametri esatti.
La precisazione, giunta il 23/12/2008, ha fatto seguito al quesito posto dalla ConfCommercio, in merito alla sussistenza o meno di vincoli nel caso di conferimento di un incarico di collaborazione autonoma ad un soggetto già titolare di partita IVA.
Partiamo allora da una distinzione fondamentale per il discorso: quella tra collaborazione autonoma e collaborazione coordinata e continuativa.
Nel primo caso, il lavoratore è, appunto, autonomo nello svolgimento dell’attività, soprattutto rispetto all’organizzazione aziendale; un’indipendenza, questa, che invece non è possibile nel contratto dei Co.Co.Co.
Il Ministero del Lavoro, nella sua precisazione, tenuto conto di questa suddivisione, ha specificato come i Co.Co.Co. possano tranquillamente possedere una partita IVA; il reddito prodotto dalla loro attività coordinata e continuativa, inoltre, andrà assoggettato alle normative fiscali di quella data attività, e non faranno parte della tassazione ai fini IVA.
Nessuna necessità di emettere fattura quindi, mentre al contrario il datore di lavoro è tenuto ad emettere il prospetto paga (nella forma di libro unico del lavoro a partire dal 01/01/2009, come previsto dal D.L. n. 112/2008), il versamento dei contributi previdenziali alla Gestione Separata dell’INPS e di quelli assicurativi all’INAIL.