Argomento più complesso, probabilmente, non c’è. Perché se Steve Jobs è stato sottoposto ad un trapianto di fegato, la situazione coinvolge tutta una serie di questioni senza che una sola risposta possa essere formulata. Rimangono coinvolte la tecnologia come la salute, l’economia come gli affetti, il tutto nel necessario rispetto per il profilo privato che si cela all’interno del profilo pubblico di un personaggio di cotanto spessore. Quel che è certo è il fatto che Steve Jobs è di fronte all’ennesima sfida ed è sostanzialmente solo in questa battaglia. Fuori ha sostenitori ed appassionati, tecnici e colleghi. Ma la battaglia è la sua, solo la sua.
Steve Jobs ha subito un trapianto di fegato. Sebbene da Cupertino nessuno confermi con ufficialità, la notizia giunge dal Wall Street Journal citando fonte anonima vicina alla questione. Quel che si sa di ufficiale, al momento, è che Jobs sta per tornare al proprio posto ed entro un mese circa il gruppo dovrebbe nuovamente avvalersi del suo servizio. Poche settimane or sono Steve Wozniak aveva riferito di aver parlato con Jobs e di averlo sentito in forma. A ritroso, la situazione sembra comporsi con linearità: trattavasi di un commento post-degenza per un intervento chirurgico avvenuto ormai due mesi or sono.
Il trapianto sarebbe avvenuto in Tennessee ed i rumor vanno anche oltre: Jobs starebbe passando i giorni di degenza in un anonimo quartiere di Memphis, vicino a tutti i maggiori centri ospedalieri della zona ed al riparo da sguardi indiscreti. La sua presenza non è stata confermata da alcuno, ma la sua presenza sarebbe stata troppo ingombrante per un quartiere tranquillo: restauri improvvisi, opere di rafforzamento della sicurezza, persone al lavoro, qualche avvistamento non confermato. La storia ha così preso il largo nel passaparola locale, per poi giungere ai media sotto forma di rumor attendibile: sì, Jobs è a Memphis, ed è in compagnia della moglie.
Se i fatti vengono dati per scontati fino a prova contraria, le conseguenze sono invece qualcosa tutto ancora da capire. In primis v’è da capire cosa possa rappresentare per Jobs un trapianto di fegato. Inoltre v’è da interpretare, per logica conseguenza, quali possano essere le ripercussioni di medio periodo in Apple. Il tutto rimane avvolto in una cortina di mistero, il che non risulta essere particolarmente gradito dalla fredda economia di Wall Street: chiarezza, trasparenza ed informazione sono quello che ci si attende da un gruppo come Apple che su Jobs fa leva e affidamento. Il gruppo, però, fa giustamente quadrato attorno al proprio “iCEO” e ne protegge la privacy per favorire il suo percorso di recupero.
Il calvario di Jobs è iniziato nell’estate del 2004 e la notizia venne resa nota soltanto nel momento in cui la prima puntata era già terminata: una prima operazione era avvenuta con successo ed era stato eliminato un tumore neuroendocrino a piccole cellule tramite l’asportazione dal pancreas. La diagnosi era avvenuta in uno stadio iniziale e l’operazione era avvenuta con assoluto successo: nessuna cura ulteriore si era resa necessaria ed un mese di degenza sarebbe stato sufficiente per riportare Jobs al timone.
Da allora, però, Jobs è un osservato speciale. Si sollevò per la prima volta l’interrogativo relativo alla sostenibilità del mercato Apple anche in assenza del guru ed i dubbi non sono mai scomparsi del tutto. Il carcinoma al pancreas, infatti, lascia poche speranze e l’unico segnale positivo è nel fatto che la diagnosi precoce può aver contribuito ad una cura migliore ed a risultanze più efficaci. 5 anni di successi sul mercato sono la miglior dimostrazione del fatto che l’azienda non stava mentendo: Jobs ha davvero superato il problema con eccellente risultato, il problema è superato. Poi, però, qualcosa si è nuovamente incrinato.
La carismatica presenza di Jobs alle presentazioni Apple ha nuovamente iniziato a preoccupare: una certa spossatezza, una eccessiva magrezza, un aspetto generale che sembrava presupporre qualche nuovo problema. Il campanello d’allarme ha avuto solerte conferma: ad inizio 2009 una nota confermava il fatto che Jobs stava vivendo nuovi problemi di salute e che il CEO si sarebbe dovuto assentare dall’azienda per qualche mese. La motivazione ufficiale è in un problema ormonale in grado di portare problemi digestivi. Jobs ha respinto più volte ogni ipotesi catastrofistica sul proprio conto, mostrandosi anche ironicamente sul palco per sbandierare i valori perfetti della propria pressione sanguigna.
Ma l’ironia non è stata sufficiente: nel momento in cui la sua assenza è stata comunicata e la sua figura si è ripetutamente affacciata all’evento di turno per poi deludere tutti con l’ennesima smentita, si è capito che la situazione era seria. Il tutto fino alle notizie odierne: i problemi ormonali e le difficoltà digestive sarebbero sintomi legati ad un problema non meglio specificato che avrebbe però portato ad un trapianto di fegato. Nulla di leggero, insomma: qualcosa di serio è nuovamente accaduto.
Il Los Angeles Times suggerisce una interpretazione logica dei fatti: una ricaduta del carcinoma legata a metastasi epatiche. Vien fatto notare infatti che, alla comparsa di metastasi in altri organi, la cura solita è legata alla chemioterapia, ma negli ultimi anni si sarebbe fatto largo un nuovo approccio legato ad un trattamento particolare dell’organo colpito per sfociare, in alcuni casi, ad una asportazione. Il metodo, maggiormente invasivo, avrebbe però dato migliori risultanze anche se i numeri del Journal of Gastrointestinal Surgery non sembrano essere particolarmente incoraggianti: il 73% dei pazienti è sopravvissuto 1 anno, il 36% 5 anni. Trattasi comunque di una cura con sperimentazione documentata su appena 11 pazienti.
L’ipotesi del Los Angeles Times è comunque avversata da una dottoressa interrogata sul caso dal New York Times: se il carcinoma fosse tornato, le metastasi sarebbero molto più probabilmente comparse altrove ed in ogni caso la rimozione del fegato non sarebbe una cura valida (quest’ultima ipotesi è peraltro confermata dalle stesse risultanze delle ricerche precedenti, secondo cui una maggiore aspettativa di vita non preclude comunque la strada ad un più che probabile ritorno delle cellule tumorali).
Cure difficili, previsioni complesse, situazione compromessa. Se le notizie fossero confermate, per Jobs potrebbe esserci sì un ritorno nel suo studio di Cupertino, ma inevitabilmente al di fuori qualcuno sta già guardando oltre per garantire futuro e sostenibilità all’innovazione ed al “mito” della mela.
In assenza di Jobs, il timone della Apple è nelle mani di Tim Cook. Così fu nel 2004, così è oggi. Il lavoro quotidiano di Cook, però, si sarebbe accompagnato ad informative continue a Jobs il quale sarebbe stato coinvolto in ogni singola decisione strategica dell’azienda. Il passaggio di mano, quindi, sarebbe teoricamente già iniziato da tempo sebbene con modalità oltremodo parziali e con Jobs irremovibile icona del gruppo. Ed è questo, probabilmente, il vizio di forma più difficile da sradicare.
Nei mesi passati la comunità finanziaria, nonché gli stessi azionisti del gruppo, hanno preteso informazioni chiare a proposito di Jobs. Da una parte v’è la tutela della privacy di una persona, infatti, ma dall’altra vi sono milioni di dollari sul filo del rasoio, in una difficile congiuntura economica e con il maggior asset dell’azienda in pericolo a causa di un carcinoma. In questo l’economia è poco comprensiva (la SEC ha addirittura annunciato indagini specifiche): salute o meno, ci sono dei portafogli da soddisfare. E dimostrare a tutti che l’azienda può continuare a camminare da sola non è stato facile.
Apple, peraltro, ha ottenuto in questo frangente buoni risultati. Il gruppo ha infatti retto l’urto della crisi ed ha partorito un nuovo iPhone; ha spinto l’App Store verso nuovi traguardi ed ha rinfrescato anche il comparto hardware. Anche i keynote, pur senza la magia di un tempo, son tornati ad essere all’altezza del momento. Tutto ciò, però, sospeso in una bolla silente, con ogni ragionamento lasciato in forse in funzione di ciò che era immanente ma non detto: come sta Steve Jobs? Quando torna? Come torna?
Il punto è questo. Come sta Steve Jobs? Non si sa, ma probabilmente vive grazie al fegato di un donatore. Quando torna? A breve, probabilmente entro un mese circa. Come torna? Ennesimo punto interrogativo, anche se a quanto pare i primi mesi saranno all’insegna di un rientro progressivo, probabilmente part-time.
Prima o poi Apple dovrà dare note ufficiali nuove relativamente al proprio CEO. Ogni ora che passa senza una smentita, infatti, rappresenta una conferma. Il ritorno al lavoro di Jobs dovrà essere accompagnato da spiegazioni, con una cartella clinica che verrà giocoforza ad avere lo stesso valore di una trimestrale. Succede quando la vita privata assume valore pubblico, quando un volto è più significativo di un logo, quando il carisma è tale da sostituire e fagocitare tutto quel che l’impegno crea.
La salute di Steve Jobs è qualcosa che va ben oltre la sola intimità di una singola persona. E attorno c’è l’affetto di una intera comunità ed il riconoscimento di un intero comparto. Il fegato e la mela: una storia a cui tanti sperano di poter scrivere un nuovo lieto fine.