La vera generazione digitale deve ancora nascere, ma sta ormai per arrivare. Non è ancora nata perché i neonati di oggi cresceranno potendo attingere dal bagaglio esperienziale dei genitori, i quali non sono invece dei nativi digitali: avranno dagli adulti di oggi coscienza di cosa erano i libri, di cosa era la scuola e di cosa era lo studio quando ancora Internet non c’era. Tutto sommato siamo già preistoria, siamo dinosauri destinati ad una rapida estinzione. E lo sappiamo anche. Quel che non è chiaro è cosa verrà poi.
La generazione digitale che verrà è quella dei nipoti, quella che nascerà toccando un tablet e senza vedere (se non su polverose librerie) quegli agglomerati di carta che si usavano una volta. Nei confronti dei libri non proveranno malinconia, ma sottile distacco. Li considereranno soprammobili da ereditare, ma il concetto di libro sarà probabilmente svuotato di qualsivoglia senso pratico: sarà inutile, sarà forma senza sostanza. Sarà il passato, un ingombro, un’eco. Ed in questo passaggio il mondo attraverserà un varco senza ritorno che segnerà una mutazione epocale nel modo di vivere, pensare ed organizzarsi.
Così è stato in passato con la nascita della scrittura; così è stato più di recente con la nascita della stampa; così è stato negli ultimi anni con l’accelerazione digitale. Ma la mutazione piena e vera deve ancora avvenire.
Sequenzialità
Non bisogna sottovalutare certe differenze poiché son tutto fuorché semplicemente formali. Chi ha formattato la propria mente attorno alla struttura del libro, infatti, è stato abituato ad una logica sequenziale secondo cui tutti i concetti possono essere messi in fila secondo precisi parametri. C’è una logica, insomma, dietro ad ogni sapere poiché quest’ultimo è trasmesso per mezzo di un libro che, una pagina dopo l’altra, svela la verità.
C’è un tocco taumaturgico nell’atto dello sfogliare: mentre le dita girano la pagina, il pensiero crea una correlazione (sequenziale e/o consequenziale) tra quel che è venuto prima e quel che verrà poi. Il futuro è sempre seguito e conseguenza del passato, insomma, il che crea un senso del destino e dell’azione all’interno di chi legge, studia ed impara. Il libro ha abituato a vedere il sapere diviso in paragrafi, i paragrafi in capitoli ed i capitoli in libri. Un’enciclopedia conteneva talmente tanto sapere da essere considerata un’ostentazione di tutto quel che non sappiamo. Oggi, tuttavia, ci rendiamo conto di quanto l’enciclopedia cartacea sia limitata e limitativa ed in questa considerazione si racchiude il grande cambiamento in corso: quel che un tempo era una raffigurazione di tutto il sapere, oggi è una goccia nel mare. Si è aperto un nuovo orizzonte, si è sdoganato un nuovo modo di viaggiare nella conoscenza e si sono buttate via le vecchie bussole: stiamo per iniziare anni di disorientamento, ma poi troveremo con ogni probabilità qualche nuovo mondo da esplorare.
Fonti e link
Leggere su un libro significava anzitutto riuscire a creare connessioni sequenziali forti, così che il sapere potesse essere tramandato utilizzando la sua unità strutturale minima: il libro. Ogni libro porta avanti l’istituto forte della citazione delle fonti, la postilla a fine pagina scritta in piccolo che rimanda ipoteticamente ad un altro contenuto ma che, in realtà, non fa altro che confermare quel che si è appena letto: chi vuole approfondire saprà dove andare a cercare (quale libro, in quale biblioteca), per tutti gli altri basterà sapere che quella citazione non è stata inventata, che quel numero non è stato improvvisato e che quel concetto non è proprietario.
Il link è ben altra cosa: il link è un viaggio. La fonte citata non è semplice totem illustrativo, ma è un vero e proprio tassello disponibile, è parte dello stesso coro, è elemento riutilizzato in tutto e per tutto. Il link è un collegamento vivo ed immediato, di ben altro valore: la fonte diventa qualcosa di molto più importante, in grado di dire qualcosa di più sia sul contenuto che sul valore della ricerca dell’autore.
Il link è tuttavia anche uno strumento che cambia l’essenza stessa delle fonti: le moltiplica e ne abbassa al contempo i canoni di istituzionalità. Rende più democratico l’accesso al dialogo collettivo del sapere. Del resto, quando si stampa un libro, si ha a disposizione uno spazio più o meno finito ed in questo spazio il valore dato alle fonti ha un suo valore conclamato: nelle dimensioni “infinite” della Rete, invece, il valore delle singole unità si disperde a si concentra sulle correlazioni, sui legami, sul percorso. La fonte diventa parte del testo e non soltanto materia contestuale. La voce collettiva diventa più forte di quella del singolo. Il che assume in divenire una valenza politica e sociale, c’è da starne certi.
Studio e insegnamento
La sequenzialità, le fonti, i rimandi, la struttura del testo: un cambiamento di questo tipo modificherà altresì le modalità dell’apprendimento. Da tempo si stanno vagliando i modi migliori per assecondare la rivoluzione digitale e le esigenze delle nuove generazioni, ma ancora il processo è ad una fase embrionale: ancora non si conoscono a sufficienza la natura ed i meccanismi dei nuovi strumenti, dunque è impossibile capire come la mente reagirà di fronte a nuove modalità di studio. Sicuramente l’idea del “sottolineare” va rimessa in discussione; i post-it o le scritte nei margini dovranno trovare nuovi corrispettivi; la lettura e ri-lettura perderà di significato di fronte al moltiplicarsi di contenuti, versioni, fonti ed approfondimenti possibili. Il “conoscere” potrebbe prendere il sopravvento sul “sapere”, ma ancora non ne abbiamo certezza: sarà un processo in divenire nel quale probabilmente anche le forme della conoscenza avranno una logica almeno parzialmente bottom-up (qualcosa di cui però oggi è difficile aver pena coscienza).
Insegnare a studiare sarà cosa da imparare, insomma: sta per avvenire un corto-circuito che la scuola non potrà non affrontare senza gravose riconsiderazioni di ruoli, istituzioni e metodologie. Ma prima di imparare ad insegnare di nuovo, bisognerà capire come si impara nell’era del digitale. Bisogna capire quali dinamiche portano le informazioni al cervello, come quest’ultimo le fa proprie e come è possibile ottimizzare questo processo per rendere l’apprendimento più efficace ed utile. Bisogna ripartire dalle basi.
Senso dell’informazione
Le generazioni digitali avranno a disposizione tante informazioni indifferenziate, il che cambia radicalmente il modo di porsi di fronte alla ricerca rispetto a generazioni precedenti in cui le informazioni disponibili erano poche e molto ben catalogate. C’era il libro importante ed il libro meno importante, così come c’erano discipline ed arti ben definite, nomi e ruoli più altisonanti, eccetera. Cambia la considerazione stessa dell’informazione: tutto è reperibile e tutto ha una sua dignità, se ben contestualizzato. L’informazione si eleva ad un nuovo stato di democrazia nella quale la parità di ogni elemento rende l’organizzazione generale più caotica, ma nella quale ognuno è guida di sé stesso (o almeno questo è quel che si avverte nell’era in cui Google è il Virgilio del percorso online).
La caduta del libro appare in quest’ottica più una conseguenza che una causa: è un evento dovuto ad una sempre più marcata inefficacia nella gestione organizzativa delle informazioni, è un passaggio di consegne dovuto al mancato adattamento a nuove esigenze emergenti. La caduta del libro si sarebbe potuta prevedere applicandovi semplicemente la legge di Darwin. L’e-book reinventerà il libro aggiungendo multimedialità e connettività, sfondando i vecchi limiti del cartaceo e creando nuove dinamiche. Dalle quali, però, l’umanità ne uscirà profondamente mutata iniziando una nuova ennesima metamorfosi.
Strumenti digitali e nuova concezione del sapere – Pag. 2>>
Strumento digitale
A cambiare pesantemente nella mente delle nuove generazioni sarà anche la considerazione dell’interfaccia e dello strumento digitale. Per i nativi digitali, infatti, tutto quel che è computing sarà normalità. Sarà in tasca fin dai primi anni di vita, sarà disponibile in ogni dove, sarà raggiungibile a prezzi minimi e sarà compendio di qualsiasi attività quotidiana. Non è così per noi ed in parte non è così nemmeno per chi nasce oggi: lo strumento digitale sta passando da essere protagonista di una scrivania ad elemento centrale ed al tempo stesso distribuito nella vita di ogni giorno. Lo strumento, probabilmente, torna ed essere oggetto dopo essere stato per troppo tempo “soggetto”: perde di importanza e di identità, sfumano le forme e cambia il suo peso nell’economia del tempo e del denaro. Quel che pochi anni fa si faceva con costose ed imponenti strumentazioni da mettere in ufficio o in camera da letto, oggi lo si ottiene con un piccolo telefono: una cosa simile non può non sconvolgere ogni singolo aspetto della nostra vita.
Lo strumento digitale sta per scomparire. Succede nel momento stesso in cui assume sempre più importanza, succede nel momento stesso in cui diventa parte integrante della vita di ogni giorno invece di occuparne piccole, frammentate ed impegnative frazioni. Google, Facebook, Amazon e qualunque altro grande nome del Web non fa altro che velocizzare e semplificare il modo di gestire le comunicazioni: una ricerca, un’amicizia o un acquisto, sono oggi passaggi mediati dei quali lo strumento digitale è interprete silente ed al tempo stesso protagonista. Un tempo non era così ed ancor oggi non è così. Poco per volta non “andremo” più online, ma “saremo” definitivamente online. La realtà reale e la realtà virtuale sono sempre meno distinguibili e sempre meno lontane: non sono più due facce diverse della stessa medaglia, ma amalgama unica di una medesima sfera personale e sociale.
Il libro è macerato
Noi, i nonni di oggi e di domani, racconteremo di quando si usciva di casa, si prendeva l’autobus, si arrivava in biblioteca, si posava la borsa in una postazione, ci si avviava verso immensi indici, si cercava un libro, poi lo si andava a recuperare in lunghi corridoi, si faceva la coda per il prestito e lo si portava a casa. Loro, i nipoti, faranno tutto ciò con un click. Ore di lavoro a fronte di pochi secondi di concentrazione.
In questa differenza non c’è però soltanto un risparmio di tempo: si perdono per strada una prassi, una sacralità ed un equilibrio. Oltretutto, mentre i nonni portavano a casa volumi all’interno dei quali occorreva esplorare ulteriormente, i nipoti accederanno direttamente all’informazione cercata senza ulteriori necessità. Anche in questo caso il libro si fa mero contenitore: la carta viene liquefatta dalla scannerizzazione che consente alle persone di entrare in diretto contatto con l’unità di contenuto cercata e desiderata. Ed il libro, una volta liquido, è definitivamente macerato.
Un nuovo sapere
Le modalità del sapere vanno in fumo di fronte a qualcosa di completamente nuovo, tanto rivoluzionario da poter essere visto oggi soltanto parzialmente, soltanto dallo spioncino del futuro. Cambierà la politica, cambierà la società, cambierà il rapporto tra le generazioni, cambierà tutto nel giro di uno, forse due secoli. Il che sembra paradossale: nell’era dell’istantaneità parlare di secoli appare una forzatura, un’ovvietà. Ma anche questo è frutto di un semplice relativismo, perché i secoli, nel novero dell’evoluzione umana, rappresentano una unità di misura valida ed ancor oggi attuabile. Dovranno passare le generazioni affinché il passato non contamini più il futuro. Tutto quel che abbiamo prodotto nella storia diventerà semplice destinazione di un link, ma avrà l’onore di partecipare alla costruzione del futuro in quanto fonte dignitosa di esperienza.
I nipoti non stanno mettendo da parte i nonni: stanno solo sedendo sulle spalle dei giganti, ancora una volta.