Se non è una mezza bocciatura poco ci manca, stiamo parlando delle raccomandazioni del Garante per la privacy per la stampa in generale, in cui si esortano i giornalisti a verificare con cura la fondatezza dei dati reperiti via Internet.
Com’è noto, infatti, moltissimi giornalisti recuperano in rete gran parte del materiale necessario a svolgere il proprio lavoro, un fattore che vede diventare i frequentatissimi social network come Facebook e simili delle vere e proprie miniere di informazioni alla portata di tutti.
Su questi siti è assolutamente semplice trovare foto, dati, nomi e quant’altro su moltissima gente, una moltitudine di dati che però, ed ecco il monito del Garante, vanno prima “verificati nella loro fondatezza”, richiedendo al giornalista l’indispensabile compito di “scindere” ciò che corrisponde a fatti reali da ciò che invece potrebbe essere il frutto di fraintendimenti o “errori di valutazione” fatti per scarsa attenzione.
Errori come ad esempio quelli accaduti di recente e per cui il Garante è stato costretto ad intervenire, episodi come quello che ha visto la pubblicazione su diversi quotidiani di foto associate erroneamente a persone decedute ma che in realtà ritraevano persone vive e vegete ma che erano soltanto degli omonimi.
Ben si comprende quindi la richiesta del Garante, che non vuol certo essere una critica indiscriminata ai social network, ma che apre di fatto un punto interrogativo su quanto, di ciò che circola su quelle pagine, sia vero o falso.