Solo pochi giorni dopo che Swisscom ha annunciato il suo portafoglio di telefonini 5G, il Federal Office of Communications della Svizzera ha dato il permesso al vettore di iniziare a offrire servizi commerciali sul nuovo standard. Ad oggi, la rete è attiva in tutte le principali città e aree turistiche, tanto che i cugini con cui confiniamo sono il terzo paese al mondo con un’offerta conforme agli standard.
Ed è proprio la Svizzera a porre un quesito fondamentale sul network: siamo certi che il 5G agisca in quel campo radio che non nuoce alla salute dell’uomo? Vaud, uno dei 26 cantoni svizzeri (o mini-stati), ha interrotto un trasmettitore presenti nel suo perimetro, parlando di incertezze su eventuali problemi di salute. Preoccupazioni simili hanno portato il governo federale a impegnarsi nel promettere misurazioni precise sulle radiazioni del 5G, valutandone rischi e fornendo conclusioni puntuali.
Questo scenario mi preoccupa più dei timori stessi: cosa abbiamo fatto negli ultimi cinque anni? Cosa si è aspettato prima di procedere con il via libera alle sperimentazioni? Il governo svizzero (e come lui tutti gli altri) non avrebbe dovuto attendere per approvare le reti 5G senza porre dubbi sulla popolazione? Il 5G è andata avanti solo perché un’innovativa “buzz word”? Calmi, perché siamo a livello dei terrapiattisti.
Sin dal 2006, le agenzie di ricerca e professionisti indipendenti, hanno effettuato analisi sulle radiazioni. La maggior parte degli scienziati e ingegneri concordano sul fatto che le “radiazioni non ionizzanti“, emesse dai dispositivi cellulari, non danneggiano i tessuti viventi. Oltre ai risultati dei test di laboratorio, decenni di indagini su segnali radio, televisivi, radar, satellitari e wireless non hanno riferito alcuna alterazione biologica.
Ma c’è un caso limite da considerare: il 5G è una tecnologia talmente nuova che nessuno può assicurarci uno spettro completamente innocuo all’esposizione delle onde ad alta densità e potenza, quando queste sono in prossimità del corpo per lunghi periodi di tempo. In assenza di certezze, le persone tendono a farsi prendere dal panico. Secondo i più recenti rapporti, una maggioranza di cittadini svizzeri teme potenziali danni causati dalle radiazioni cellulari. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sorvolato sull’argomento, almeno per il momento, perché non può dare risposte definitive. E andremo di male in peggio: vari attivisti se ne sono usciti dicendo che i telefoni e le reti 5G muteranno il gene umano, spopolando la Terra nel giro di sette anni. Gli uomini perderanno la loro fertilità e dunque non ci sarà alcuna riproduzione, probabilmente in uno scenario simile a quello di “Io sono leggenda”.
Senza disprezzare troppo il pensiero degli altri, vale la pena notare che potremmo sparire dal mondo per molte altre cause: acqua avvelenata, esplosioni nucleari, bombe a idrogeno, attentati su larga scala; quindi, affermare che i segnali 5G sono “pericolosi”, non pone necessariamente a un niet definitivo.
Esistono tre varianti di trasmissioni 5G, suddivise in spettri di bassa, media e alta frequenza. Quelli a bassa frequenza (600/700 MHz) e la maggior parte delle frequenze medie (5 GHz o inferiore) sono state utilizzate per decenni su reti di comunicazione consumer, quindi il 5G derivato dal 4G avrà presumibilmente la stessa sicurezza del precedente.
Il grosso delle preoccupazioni riguarda la densità dei segnali ad alta frequenza (24/47 GHz) che gli scettici credono possano portare a effetti indesiderati a medio e lungo termine. E, a ragione, è proprio lo spettro ad alta frequenza che porta la più grande promessa del 5G: connettere milioni di dispositivi internet delle cose, automobili a guida autonoma, smart city e sistemi robotizzati, senza riduzione delle prestazioni. Il timore è che le torri wireless trasformeranno il pianeta in qualcosa di simile a un gigantesco forno a microonde, rendendo le emissioni tutt’altro che ineludibili. Per quanto assurdi possano sembrare alcuni di questi suggerimenti, i telefoni cellulari trasmettono effettivamente sulle stesse frequenze dei microonde. Chi può dire quanti di noi non verranno abbrustoliti domani?
Negli Stati Uniti, la FCC continua a dire che “non vi è alcuna prova scientifica tra l’uso di dispositivi wireless e il cancro o altre malattie” ma fornisce informazioni su alcuni semplici passaggi che è possibile adottare “per ridurre l’esposizione alle reti cellulari dei telefonini”. Il caso Vaud è limitato e pressoché minuscolo rispetto al mondo ma è chiaro che simili obiezioni continueranno a emergere in ogni dove, in particolare su quelle comunità più piccole sensibili al tema (basta cerca su Facebook per trovarne centinaia, anche in Italia).
Di certo, questo è il momento in cui produttori di chip e agenzie governative devono dare elementi se non definitivi almeno quasi rispetto al “non siamo sicuri”, “siamo indagando”. Il 5G è già qui, non lo sarà tra cinque o dieci anni. Il fatto che, pure da noi, non si possa ancora utilizzare, non vuol dire che non vi siano già antenne pronte, che già trasmettono segnali verso centraline di test. Non sono un fan di inutili studi sull’impatto ambientale o disincentivi sullo sviluppo ma se sono in gioco la salute e la vita delle popolazioni future, dovremmo basarci su una tranquillità superiore circa le reti che invadono i nostri territori.
Supponendo che operatori e compagnie abbiano fatto il loro duro lavoro di ricerca negli anni, fornire una risposta solida e comprensibilmente rassicurante non dovrebbe essere difficile e porrebbe fine al dibattito, almeno per un po’. Fin quando non pescheremo pesci a tre teste o cacceremo cervi senza orecchie.
E allora…#buongiornounCaffo