Nonostante sia sempre più sensibile e, sotto numerosi aspetti, inevitabile una convergenza tra il giornalismo tradizionale della carta stampata e quello online, c’è ancora chi identifica i due generi come in totale opposizione e di conseguenza al centro di una vera e propria sfida senza quartiere. Giulio Anselmi, il direttore del quotidiano torinese La Stampa, sembra essere uno dei più convinti sostenitori della “vecchia scuola”, come dimostra una sua recente dichiarazione riportata dal giornale Prima Comunicazione.
«Il giornalismo scritto è ancora il nucleo duro del giornalismo italiano. La carta, tuttora, conserva un elemento di autorevolezza e credibilità che non si può attribuire a Internet. E’ quello che ci è rimasto e che va conservato con molta attenzione. Forse è l’ultimo bene che ci è rimasto».
Secondo Anselmi, il giornalismo online non può dunque essere equiparato al giornalismo tradizionale, molto più autorevole e credibile rispetto a ciò che si pubblica ogni giorno sul Web. Da questa singolare presa di posizione derivano, inevitabilmente, alcune osservazioni. Il direttore della Stampa forse ignora che da alcuni anni il suo quotidiano ha anche una versione online che, tra mille difficoltà organizzative e di organico, sforna ogni giorno notizie, curiosità e approfondimenti ospitando non solo le opinioni dei giornalisti, ma anche quelle dei lettori attraverso una piattaforma per il blogging. Il lavoro dei redattori online di Anselmi è dunque meno credibile degli articoli prodotti per la tradizionale versione cartacea del giornale?
Anselmi sembra inoltre sottovalutare l’importanza della convergenza tra i due mezzi, giornale tradizionale e online. I grandi quotidiani come il New York Times, il Wall Street Journal, il Washington Post e il Financial Times (per citare alcuni dei più famosi) hanno ormai intrapreso con convinzione la rivoluzione digitale, destinata a rendere sempre più marginali le loro edizioni cartacee rispetto a quelle offerte quotidianamente online. Il processo è iniziato ormai da tempo ed ha certamente comportato scelte dolorose, come insegna l’esperienza della rivoluzione attuata dal NYT, che però iniziano a dare i loro frutti, rendendo il giornalismo online non solo più dinamico e plastico rispetto al giornalismo tradizionale, ma anche molto più credibile. Il saggio di Vittorio Sabadin “L’ultima copia del New York Times” è illuminante in questo senso e illustra, lucidamente, come il mondo del giornalismo stia rapidamente cambiando, lasciando indietro chi continua a credere nella supremazia del giornale stampato e concepito ancora con una impostazione “analogica” e fuori dal tempo. Tra l’altro, Vittorio Sabadin è una delle firme storiche del quotidiano La Stampa, ma forse il suo direttore Anselmi non ha ancora avuto tempo di sfogliare il suo saggio, in libreria ormai da un anno.
Viene infine da chiedersi secondo quali parametri Anselmi giudichi il giornalismo tradizionale più autorevole e affidabile di quello online. Come dimenticare il recente scivolone della Stampa sulla falsa copertina di Vogue di Sarah Palin pubblicata in prima pagina senza nemmeno verificare la veridicità di quell’immagine? O andando ancora più indietro nel tempo, che dire dell’annuncio della morte di Giovanni Paolo II data un giorno prima rispetto all’effettiva dipartita del pontefice? E quanto può essere più credibile un giornale che dedica un’intera paginata al look di una imputata per dimostrare chissà quale schema accusatorio legato più al gossip che alla fattualità? Se tutto questo rende il giornalismo tradizionale migliore della jungla informativa online, meglio starsene tra le liane e gli amabili scimmioni del Web.