È oggi il giorno in cui la blogosfera di tutto il mondo celebra Ada Lovelace. C’è qualcosa di estremamente affascinante nella sua storia, qualcosa che permette di vedere il freddo mondo della programmazione da un punto di vista alternativo e, forse, privilegiato.
Sarebbe inutile raccogliere in un post tutto ciò che c’è da dire a proposito di Ada Lovelace. Ma è questa l’occasione per rimandare ad esempio alla specifica pagina su Wikipedia come punto di partenza per fare meglio la conoscenza con un personaggio che ha segnato indelebilmente la storia dei “calcolatori”.
Ada Lovelace portava nel DNA le tracce della poesia di Lord Byron. Ha consumato sulla matematica le proprie capacità, ma ha sublimato sulle macchine da calcolo il proprio genio. Dall’algebra alle corde dell’arpa, fino all’incontro con Babbage ed agli articoli di Luigi Federico Menabrea. Ada Lovelace ebbe un’intuizione che ancor oggi l’informatica non è riuscita a maturare a pieno: le macchine possono essere oggetti pensanti. Nasceva nella mente di Ada il concetto di Intelligenza Artificiale, il tutto partendo da macchine estremamente elementari e qualche basilare esperimento di programmazione.
Ed è così che Ada Lovelace è diventata un simbolo, antesignana del contributo che l’universo femminile avrebbe potuto dare al mondo dell’informatica, ed ora il 24 Marzo è il giorno che il mondo del Web (tramite l’iniziativa di Suw Charman-Anderson) le dedica per perpetuarne il significato.
L’Unione Europea ha recentemente bacchettato il mondo dell’ICT per lo scarso coinvolgimento delle donne nello sviluppo del settore. A pochi giorni da web@lfemminile, ripartire da Ada Lovelace potrebbe essere un buon modo per ricordare agli uomini, così come alle donne, come la programmazione sia qualcosa di logico, ma anche qualcosa di fantasioso, di poetico, di musicale. Dietro ai numeri ed al codice c’è qualcosa di ben più caldo che non la fredda matematica. E fu una donna a capirlo.