C’è chi scommette tutto su Safari, evitando l’App Store per evitare di concedere ad Apple gli introiti derivanti dalle vendite delle proprie applicazioni. E c’è chi invece scommette tutto sull’App Store, tagliando fuori Safari dalle proprie pagine per massimizzare gli introiti derivanti dal marketplace di Cupertino.
C’è chi fa come il Financial Times o PlayBoy: si aggira l’App Store per motivi di opportunità e si progetta la propria web-app in HTML5. E c’è chi invece fa come il New York Post, che taglia fuori l’accesso alle proprie pagine da Safari, rendendo di fatto impossibile navigarne i contenuti a meno che non si decisa di acquistare una applicazione da App Store tramite cui contrarre debito pagamento. Due approcci opposti alla stessa materia, due strategie destinate a giungere ad un computo finale che sarà la sentenza nei confronti delle strategie Apple nei confronti del mondo dell’editoria.
Quella del NYPost è una situazione per molti versi emblematica: le chiusure dell’azienda produttrice dell’hardware vanno a scontrarsi con le chiusure dell’editore produttore di contenuti ed entrambi vanno a ledere quello che potrebbe essere un reciproco interesse. 6.99 dollari al mese o 79.99 dollari annui: il prezzo della lettura è questo. Il NYPost ha peraltro chiuso del tutto le porte, proponendo ai visitatori una landing page che suggerisce l’acquisto e fermando l’accesso anche quando proveniente da link esterni. Safari è del tutto tagliato fuori, insomma, con un prezzo all’entrata tra lo strumentale ed il provocatorio, rivoltando su Apple i suoi stessi vincoli tramite una limitazione il cui costo ricade tutto sull’utenza che sceglie l’iPad per le proprie attività.
Quela del New York Post, quindi, è una situazione da tenere in stretta considerazione poiché è la cartina di tornasole che mette in evidenza quanto distorto sia in questa fase il mercato. Il braccio di ferro tra le parti sarà serrato ed i compromessi non potranno tardare ad arrivare: ne va del successo o meno delle iniziative su entrambi i fronti. E Android, del resto, potrebbe trovarsi tra le mani un’occasione d’oro per rimarcare la propria diversità e promuovere così le proprie strategie in opposizione ed alternativa a quelle della controparte Apple.