Ma il P2P è morto o ha imparato a nascondersi? È questa la domanda
che fa da titolo ad un recente rapporto
[PDF, 400kb] sul file-sharing del CAIDA
(Cooperative Association for Internet Data Analysis), un organismo indipendente
specializzato nella rilevazione e nall’analisi del traffico sulla rete internet.
Pubblicato lo scorso mese di settembre, sarà ufficialmente presentato in
occasione dell’edizione 2004 del Globecom, l’annuale conferenza sulle telecomunicazioni
organizzata dall’IEEE in programma a Dallas dal 29 novembre al 3 dicembre.
Sono molti gli studi sull’argomento presentati da diversi centri di ricerca
negli ultimi mesi. I dati emersi sono risultati spesso contraddittori e puntualmente
usati (se non strumentalizzati) a sostegno delle proprie tesi dai protagonisti
della battaglia in atto intorno al P2P. Il file-sharing è in calo, dice
uno. Vuol dire che stiamo vincendo, rispondono la associazioni dei discografici.
No, il file-sharing è più che vivo mai, dice un altro. Vuol dire
che state fallendo su tutta la linea, controbattono dall’altra parte del campo.
Da dove nascono le contraddizioni? Essenzialmente dalla metodologia adottata.
Si va dal sondaggio telefonico al monitoraggio dell’uso del PC di un panel selezionato
di utenti, fino all’analisi del traffico generato sulla rete. L’obbiettivo primario
dello studio del CAIDA è stato proprio quello di sviluppare un metodo di
verifica il più accurato possibile, in grado di tenere conto del nuovo
panorama offerto dalle applicazioni P2P emergenti. Due le novità di rilievo.
Intanto l’estensione dell’analisi a tutti i protocolli P2P. Poi, il superamento
dell’approccio basato sulla semplice verifica del traffico sulle porte tipicamente
usate dalle varie applicazioni. Il CAIDA ha infatti analizzato i pacchetti IP
alla ricerca di specifiche stringhe generate dai programmi di file-sharing. Un
sistema alternativo, insomma, rispetto a quelli che puntano sulla stima degli
utenti e dei file condivisi.
Il risultato? Il P2P è tutt’altro che morto. Non ci sono tracce
di diminuzione del traffico generato dal file-sharing nell’ultimo anno. Semplicemente
sono cambiate le applicazioni, si sono affacciati sulla scena nuovi protocolli,
cosa che rende complicata la rilevazione di dati accurati se non si adotta il
metodo giusto. Quali siano le applicazioni e i protocolli emergenti ce lo dice
un altro studio [PDF, 404kb], quello pubblicato dalla società BayTSP: crescono con tassi
a doppia cifra BitTorrent e eDonkey, perdono colpi Kazaa e gli altri programmi
che ruotano intorno al network FastTrack.
La sottolineatura cronologica, con il riferimento all’ultimo anno, non è
casuale. Gli ultimi mesi sono stati quelli delle azioni legali promosse contro
centinaia di utenti P2P in tutto il mondo da parte dell’industria discografica
(il fatto che ad essere colpiti siano stati soprattutto utenti Kazaa spiega in
parte il calo di popolarità di questa applicazione). Se si va sul sito
della FIMI (Federazione dell’industria musicale
italiana), ad esempio, troviamo in bella evidenza il comunicato
stampa che annuncia i risultati dell’ultima campagna contro il file-sharing
illegale: azioni legali contro centinaia di utenti in tutta Europa. Alla luce
di dati come quelli emersi dalla ricerca del CAIDA, però, c’è da
chiedersi quanto siano giustificati certi toni trionfalistici. Una campagna come
quella intrapresa dall’industria discografica mondiale, per dirne una, ha dei
costi. C’è un ritorno? È quantificabile? Ha provato a fare due conti,
in un articolo
apparso su Law.com, Fred von Lohmann, un avvocato che lavora per la Electronic
Frontier Foundation. Gli utenti incriminati tendono a risolvere la causa con patteggiamenti,
sborsando per l’accordo giudiziario cifre che vanno dai 3.000 agli 11.000 dollari.
Sotto questo aspetto, aggiunge von Lohmann, la campagna delle varie RIAA è
un successo, dal momento che le multe coprono abbondantemente le spese legali.
Ben altro è il discorso se si valuta l’impatto delle azioni legali sul
fenomeno P2P nel suo complesso: non è forse il ridimensionamento del file-sharing
l’obbiettivo principale? Bene, il rapporto CAIDA è l’ennesima prova che
su questo fronte il fallimento è totale.
C’è poi un’altra notizia recente che dovrebbe suonare come un allarme
per l’industria discografica. Questa volta i dati sono forniti da NPD e riguardano
i servizi di download musicali. Dopo una crescita costante da settembre 2003 ad
aprile 2004 (il mese del record con 1.300.000 acquirenti diversi), il numero di
utenti si è stabilizzato negli ultimi mesi intorno al milione. Non ingannino,
insomma, i dati mirabolanti di iTunes: questo canale di distribuzione musicale
è certamente promettente, ma per ora non sfonda e incide in minima parte
sui volumi complessivi del mercato musicale.
Hanno dunque ragione quelli che chiedono alle major una reale innovazione nelle
loro strategie? Sembrerebbe di sì. E non mancano segnali positivi da cogliere.
Il 2004, ad esempio, ha visto un vero boom di vendite dei DVD musicali.
Ovvero: di fronte a prodotti alternativi, fatti bene, arricchiti di bonus, di
cui viene percepito il valore aggiunto, la gente è disposta a spendere.
Lo capiranno?