Per quanto rappresentino una goccia nell’immenso mare di Facebook, la presenza di gruppi inneggianti alla mafia e alla violenza in genere ha avuto una conseguenza anche politica.
Il famoso “Pacchetto Sicurezza” prevede alcune norme specifiche contro l’apologia di reato e per il reato di istigazione a delinquere «mezzo della stampa, in via telematica sulla rete Internet, o con altro mezzo di propaganda». Secondo un emendamento all’art. 50, infatti, questi crimini devono essere segnalati dall’autorità giudiziaria al Ministero dell’Interno che provvede poi a notificarli ai provider.
Una volta ricevuta la notifica, i provider hanno 24 ore di tempo per mettere in opera un filtro destinato ad evitare che gli utenti possano accedere al luogo del misfatto.
I problemi di questo provvedimento appaiono lampanti. Innanzitutto, restando su Facebook, per i provider è impossibile, o quanto meno complicato, riuscire a bloccare un singolo gruppo e non tutto il sito.
L’altro problema riguarda, invece, l’utilizzo di questo tipo di provvedimenti che, essendo delle misure preventive, potrebbero bloccare gruppi, forum e siti in generale senza un’adeguata valutazione dell’effettiva sussistenza del reato.