Facebook non è un social esclusivamente dedicato alla propria dimensione pubblica, come può essere LinkedIn o anche Twitter, tuttavia molti utenti ormai pensano, quando lo utilizzano, che tutto ciò che dicono e fanno vedere concorre a creare un’immagine che ha bisogno di essere continuamente corretta. Uno studio americano della Carnegie Mellon University ha misurato l’attività di auto-censura e i risultati sono sorprendenti: nel giro di due settimane dalla pubblicazione, nel 71% dei casi almeno un post viene cancellato o modificato.
La ricerca (PDF) firmata da Sauvik Das e Adam Kramer ha osservato il comportamento di 3,9 milioni di americani con un sondaggio esplorativo, individuando sia i cambiamenti “last minute” che quelli dovuti a un ripensamento largamente successivo alla creazione del contenuto.
Il risultato è evidente: il più grande censore su Facebook è l’utente medesimo, anche se con diverse modalità a seconda delle caratteristiche, quali il numero di amicizie e la condivisione di simpatie politiche piuttosto che di fatti privati. La percezione pubblica di ciò che si fa sul social network è molto robusta: gli status sulla timeline sono più censurati dei semplici commenti, le persone con problemi legali censurano molto di più, gli uomini censurano più delle donne (il lavoro sembra essere una preoccuazione costante), mentre gli utenti che hanno amici di diverse età e simpatie politiche censurano molto meno.
Nel corso dei primi 17 giorni, il 71 per cento di tutti gli utenti ha censurato i contenuti almeno una volta, il 51 per cento almeno un post e il 44 per cento almeno un commento. Mediamente, la metà del campione ha mostrato di censurare dai tre ai quattro commenti in pochi giorni.
Sono dinamiche tipicamente adattive, non aggressive – tranne in alcuni casi – dove la persona ripensa al contenuto postato sulla timeline o sulle pagine del sito e si convince che potrebbe scatenare una discussione, una critica negativa, o essere rinfacciato rispetto a un contenuto precedente o successivo. Allora scatta l’autocensura per abbellire la propria immagine e rendersi più simpatici.
Sembra uno studio banale, invece anche Facebook è interessato: l’autocensura degli status e dei post, oltre un certo livello, può diminuire il livello complessivo del valore dei suoi contenuti e la capacità degli algoritmi di considerarli entro una linea temporale minima. Per questa ragione la ricerca proseguirà per raccogliere ulteriori dati.