Si parla sempre di Web 2.0 focalizzandosi sulle novità proposte dai servizi e sulla loro capacità di mettere in comunicazione le persone, ma si parla poco dell’effetto che i servizi del nuovo web provocano e provocheranno sulla rete.
Di poco tempo fa la notizia che la rete collasserà nel 2010, previsione non troppo realistica e, se vogliamo, abbastanza “pessimista”.
In realtà la ricerca condotta Nemertes Research Group si focalizza su un aspetto importante che nessuno sembra aver considerato: l’impatto che i servizi 2.0, servizi “di massa”, hanno sulle infrastrutture tecnologiche che li “sorreggono”, in primis la rete Internet.
Per capire fino in fondo il problema, è sufficiente guardare come sia aumentata negli ultimi anni la richiesta di nuovi datacenter, le applicazioni, infatti, necessitano sempre più di maggior potenza (che si traduce in un consumo maggiore di energia) e di maggiore risorse di banda e di storage.
I servizi 2.0 rappresentano l’esempio perfetto di queste necessità, e per capirlo basta vedere come colossi del calibro di Facebook stiano continuamente allargando i propri datacenter e acquistando nuove macchine. Pensate al traffico che possono generare 30 milioni di persone che scaricano pagine, foto, video o documenti, o quante risorse può richiedere la visione di milioni di video, parliamo di banda, ma soprattutto di consumi energetici delle macchine server che garantiscono il servizio.
Parliamo di Facebook, ultimo arrivato, ma la situazione è del tutto identica per YouTube, dove il consumo di banda è a livelli ben superiori. Tutto ciò deriva da applicazioni che sono nate per generare traffico sulla rete, attraverso link e condivisione di file e video, è quindi naturale pensare che in futuro la situazione andrà solamente peggiorando; il rischio che la rete collassi non è così imminente come vuole farci credere quell’articolo, tuttavia i problemi si riflettono pesantemente, la costruzione di nuovi datacenter pone di fronte ad una richiesta energetica in costante aumento, e difficilmente sostenibile man mano che il ritmo aumenta. Abbiamo parlato di servizi 2.0, ma lo stesso Google sta affrontando questi “problemi”, la costruzione di un nuovo datacenter con 38 generatori diesel è solo l’ultimo esempio, bisogna però pensare a cosa potrebbe richiedere un servizio di storage online come quello che hanno intenzione di lanciare a breve a Mountan View. Lo spostamento dei servizi sul web, così come sta avvenendo anche nel caso delle applicazioni per l’ufficio, si aggiunge alla lista.
Mentre si parla di “green datacenter”, molti altri si chiedono come sia risolvibile una simile situazione, anche se le risposte sono ancora troppo poche… voi avete in mente qualcosa?