La questione è chiara, ma è necessario essere espliciti in tal senso: Wikileaks non è un problema. Non lo è mai stato. Wikileaks non è un problema perchè fin da subito è stato chiaro a tutti quanto l’entità ambigua del sito nascondesse quel che di vero e forte ha il progetto a disposizione: documenti preziosi, leve imponderabili in grado di sollevare le diplomazie internazionali e mettere alla berlina tutti i maggiori responsabili della politica di oggi.
Il problema non è Wikileaks, ma chi ne anima le attività. Qualcuno, meno smaliziato di altri su questi temi, si è chiesto in questi giorni: perchè, semplicemente, non chiudono Wikileaks? Quel che è ovvio per chi capisce la rete non è invece altrettanto ovvio per la gran parte degli italiani, che la rete la osservano tramite uno schermo televisivo e mediata da giornalisti che fanno male il loro nobile mestiere. Wikileaks, infatti, è soltanto un sito internet aperto per pubblicare del materiale: uno spazio aperto sul quale sono stati calati migliaia di documenti segreti di enorme valore.
Chiudere Wikileaks non servirebbe perchè nel giro di poche ore se ne riaprirebbe un altro. Cambia forse il nome, o forse soltanto il dominio, ma il progetto tornerebbe alla luce del sole. Non solo: una volta messi online, i documenti non necessitano nemmeno di un sito ufficiale; circolerebbero via email e tramite forum, via P2P e tramite i social network. Sulla rete l’univocità scompare e gli interventi censori non servono: tutto è replicabile e nulla è realmente censurabile.
Ecco perchè si è tentato di chiudere The Pirate Bay, ad esempio, ma non Wikileaks: The Pirate Bay è l’origine prima della condivisione che si intende fermare, mentre Wikileaks è soltanto la fonte che immette il materiale che in seguito si fa virale e pubblico. E se nel nome “wiki” si cela una ipotetica struttura aperta sulla quale tutti potrebbero andare a pubblicare il proprio materiale, in realtà tale struttura esiste: la fonte è univoca o quasi e quel “wiki” non fa altro che vestire di una particolare aura un progetto in realtà del tutto lineare e ben lontano dall’idea del crowdsourcing. Wikileaks e Wikipedia hanno profumi diversi, impossibili da confondere.
Ecco perchè il problema non è Wikileaks: il problema è Julian Assange. Assange è il coordinatore degli scoop in pubblicazione, Assange è l’anima di Wikileaks, Assange è il leader di un movimento latente che va aggregandosi attorno al motto rivoluzionario che sta bombardando le nazioni a colpi di pubblicazioni. Ce n’è per tutti e tutti sono in queste ore pronti a cucire le proprie versioni dei fatti attorno agli squarci di verità aperti da Assange.
Ecco perchè ora Julian Assange è ricercato: l’origine di tutti i guai è stata identificata nella sua persona. La scusa è quella del reato di violenza sessuale, ma l’azione dell’Interpol e l’allarme rosso scatenato attorno al responsabile di Wikileaks vanno ben oltre una normale attività di controllo. Assange è ora pronto a tuonare contro il sistema bancario e nel frattempo si sarebbe nascosto nei pressi di Londra mentre in Svezia i suoi legali chiedono di annullare il mandato di cattura internazionale diramato nei suoi confronti.
Va segnalata, nel frattempo, una interessante mini-guida pubblicata da Il Post sulle varie modalità messe a disposizione in questi giorni per mettere comodamente le mani tra i documenti pubblicati da Wikileaks. Mappe interattive, selezioni editoriali e molto altro, ma il sistema più logico ed immediato per mettere le mani in pasta è Google: la keyword da usare è “[parola] site:cablegate.wikileaks.org“. Ecco, ad esempio, tutti i documenti pubblicati che fanno in qualche modo riferimento all’Italia.