C’è chi, un po’ per esorcizzarne il pericolo ed un po’ per sfiducia nei confronti di un mondo politico che ha ancora molto da dimostrare oltre ad una rara e ben circostanziata buona volontà, aveva pronosticato rilanci e strascichi relativamente al principio che aveva portato avanti la proposta di Gianpiero D’Alia. C’è chi, insomma, non credeva che nella soppressione dell’art.60, avvenuta la notte scorsa, si esaurisse la carica oppositiva che gran parte del Palazzo nutre nei confronti della Rete e dei rischi correlati alla sua libertà ed alle sue potenzialità. A distanza di poche ore, infatti, l’eredità di D’Alia sembra già essere stata raccolta: il nome nuovo è quello di Roberto Rao.
Le dichiarazioni di Roberto Rao, deputato Udc, giungono a caldo, quando l’art.60 proposto da D’Alia al ddl 2180 era appena stato soppresso con votazione notturna. Le ha raccolte Wall Street Italia: «L’Udc aveva presentato un emendamento per modificare la discussa norma del “filtraggio” dei siti web. A questo punto è evidente che le dichiarazioni del collega Cassinelli sono strumentali al consenso di chi naviga in Rete, ma non contengono nella sostanza alcun indirizzo significativo su come evitare gravi episodi che di fatto contribuiscono a minare la credibilità della rete e la sicurezza di chi la utilizza senza essere esperto».
Di per sé Rao indica una verità: l’intervento dell’on. Cassinelli non ha apportato novità nell’ambito legislativo, ma si è limitato ad abrogare un articolo che la totalità degli utenti e degli esperti del settore aveva etichettato come illiberale, pericoloso e censorio. Dei tre emendamenti proposti, infatti, a passare è stato quello che si limita alla soppressione dell’articolo, mentre i restanti due (quelli con maggior piglio propositivo) sono stati affondati. Secondo Rao «Occorre coniugare sul web (tramite opportune soluzioni tecniche da condividere con gli esperti e gli operatori del settore) la libertà e la responsabilità. Questi sono principi inscindibili e ritenere che quanto approvato oggi sia risolutivo dei problemi emersi e denunciati è solo una illusione».
A stretto giro di posta giunge la risposta dell’on. Cassinelli, colui il quale si è fatto portatore della voce della Rete e che dal collega Rao ha dovuto raccogliere accuse personali sul modo in cui la Rete sarebbe stata strumentalizzata in questa battaglia: «Nelle mie dichiarazioni non c’è nulla di strumentale. Esse muovono semplicemente da considerazioni giuridiche e tecniche. L’ordinamento italiano è già dotato delle norme atte ad impedire e punire l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato, ed è questa la garanzia data agli utenti della rete». Entrando quindi nel merito della soppressione dell’emendamento D’Alia, sulla quale Rao ha basato la propria critica: «Dalle sue dichiarazioni si può pensare che l’onorevole Rao viva al di fuori della realtà. Il collega Rao ha presentato, insieme ad altri deputati del suo gruppo, tre emendamenti all’articolo 60. Nessuno di questi, però, risolveva le due questioni centrali: la decisione di filtrare un sito era comunque affidata all’arbitrio del Ministro dell’interno, e non era specificato che il filtraggio di un contenuto incriminato va attuato senza intaccare l’accessibilità a contenuti terzi».
Chiosa infine l’on. Roberto Cassinelli: «dell’emendamento D’Alia non c’era bisogno. Si trattava di un testo sbagliato e potenzialmente pericoloso. La sua abrogazione è una notizia molto positiva, accolta con favore da tutte le parti politiche. Per questo non riesco a comprendere le ragioni per cui l’Udc perseveri nel sostenere il contrario».