Il quinto emendamento tutela le password?

Negli Stati Uniti un giudice dovrà stabilire se sia corretto o meno costringere un imputato a rivelare la password dei suoi dati criptati.
Il quinto emendamento tutela le password?
Negli Stati Uniti un giudice dovrà stabilire se sia corretto o meno costringere un imputato a rivelare la password dei suoi dati criptati.

Il caso giudiziario in cui è coinvolta tale Ramona Fricosu, impiegata statunitense accusata di attività fraudolente, sta creando un vero e proprio precedente nel suo genere. Il tribunale, infatti, deve stabilire se sia accettabile o meno dal punto di vista legale la richiesta di sbloccare i dati criptati del computer utilizzato dalla signora in questione.

Il problema sta proprio nei dati contenuti nel PC, sequestrato durante un raid nell’abitazione della donna, ma contenente informazioni crittografate. Non è chiaro, infatti, se sia legale o meno sbloccare i dati conservati, stando a quanto dichiarato nel quinto emendamento degli Stati Uniti che stabilisce che nessun cittadino americano può essere obbligato a testimoniare contro se stesso.

La faccenda, quindi, non è di facile soluzione. La donna è in possesso delle password per sbloccare i dati, ma la pubblica accusa considera un computer bloccato criptato come una scrivania bloccata. Con un mandato è possibile trovare la chiave e forzare la serratura, oppure trovare i mezzi per convincere il giudice per costringere il proprietario a sbloccarlo.

Peccato che, in questo caso, la chiave non sia un oggetto fisico. In casi particolari un giudice può essere legalmente obbligato a richiedere ad un imputato una chiave, per esempio la chiave che apre una cassaforte piena di documenti incriminanti. In altri casi gli imputati possono essere costretti a fornire impronte digitali, campioni di sangue o registrazioni vocali. Come fare nel caso di una password digitale?

Di diverso avviso la Electronic Frontier Foundation che, proprio appellandosi al quinto emendamento, ritiene che «decifrare i dati sul portatile può essere, in sé e per sé, una testimonianza ad agire».

Nel recente passato ci sono state situazioni simili: a marzo 2010 un giudice ha stabilito che Thomas Kirschner, accusato di pornografia infantile, non avrebbe dovuto rilasciare la sua password. Un anno prima Sebastien Boucher non ha potuto appellarsi al quinto emendamento, evidenziando così la difformità dell’approccio dei giudice ad una questione tanto delicata e sottoposta alla necessaria interpretazione della legge.

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