Venne dopo Napster e, sotto ogni punto di vista, ne ha ricalcate le orme: Kazaa è stato il re del P2P (diventando il software più scaricato del mondo), è entrato nel mirino della RIAA, è stato affossato dalle major dell’industria musicale ed è così scomparso dalla scena. Vi rientra in seguito, esattamente come Napster, dal portone principale sotto le nuove vesti della legalità ed oggi cerca una nuova dimensione sfidando anche la realtà mobile.
L’esordio, e anche in questo verso la storia di Kazaa è fedele copia di quella di Napster, è stato sotto forma di servizio di distribuzione di tipo “all you can eat”: con 10 dollari al mese è possibile scaricare ed ascoltare tutto quel che si desidera, ma nel caso in cui si sospendessero i pagamenti non si rimane con nulla in mano: l’abbonamento è una licenza di accesso ai brani e non ne garantisce invece la piena proprietà. Tale politica è stata spostata ora su una applicazione, così che anche in mobilità i 10 dollari possano abilitare all’ascolto dei brani come desiderato.
La scelta di iOS sembra tuttavia già un ripiegamento verso una vetrina più comoda: inizialmente si puntava infatti su una soluzione esterna all’App Store, potendo così contare sul 100% degli introiti, ma probabilmente il nome “Kazaa” non brilla più come ai bei tempi e dunque le difficoltà si sono fatte eccessive. Oggi Kazaa si butta pertanto su iOS scontando il 30% di trattenuta dovuta ad Apple, ma può contare su di un bacino potenziale molto più ampio.
Il modello di business su cui si erge Kazaa non sembra oggi in grado di garantire al gruppo Atrinsic (nuovo titolare del brand) i necessari spazi di manovra, ma quello che era il software più scaricato al mondo ha tutto il diritto di riprovarci. Quantomeno oggi è tutto legale e, dopo i 100 milioni di sanzione per il patteggiamento, l’ascia di guerra è stata seppellita. Oggi Kazaa tenta l’avventura fianco a fianco con le case discografiche, ma quella di oggi è tutta un’altra musica.
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