Telecom Italia e Wind non possono essere considerate responsabili per i messaggi pubblicitari ingannevoli veicolati da società terze. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni cui è giunta la prima sezione del Tar del Lazio, impegnata da tempo nell’analisi del ricorso presentato dalle due società telefoniche in seguito alle multe infilitte dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. L’Authority aveva, infatti, disposto una serie di multe lo scorso anno nei confronti di Telecom Italia e Wind per pubblicità ingannevole relative ai servizi offerti da numerose aziende come Zero9, Telnet e Dada Mobile.
Secondo l’Autorità, le due compagnie telefoniche si sarebbero implicitamente comportate come operatori pubblicitari aderendo alle iniziative delle società fornitrici di suonerie per cellulari, divenendo dunque corresponsabili del contenuto potenzialmente ingannevole dei loro messaggi promozionali. La decisione dell’Authority spinse Wind e Telecom a presentare rapidamente un ricorso al Tar del Lazio per evitare la multa e difendere la propria posizione. Attraverso strategie difensive simili, i legali delle due compagnie telefoniche avevano fermamente sostenuto l’illegittimità dell’estensione del concetto di “operatore pubblicitario” ai loro clienti, rifiutando dunque alcuna corresponsabilità con le aziende accusate di pubblicità ingannevole.
Dopo un’attenta analisi della questione, il Tar del Lazio ha così deciso di annullare le multe inflitte tra l’estate del 2007 e i primi mesi del 2008 a Telecom Italia e Wind, mantenendo però le sanzioni imposte alle società autrici dei messaggi pubblicitari e il giudizio complessivo di pubblicità ingannevole. Secondo i legali delle due compagnie telefoniche, la decisione del Tar potrebbe costituire un valido precedente per impugnare simili provvedimenti imposti dall’Authority. La decisione dei magistrati trova, invece, la ferma opposizione del presidente dell’antitrust Antonio Catricalà, che ha già annunciato l’intenzione di ricorrere al Consiglio di Stato per impugnare la sentenza del Tar.
Intanto, negli ultimi giorni della scorsa settimana, l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha disposto sanzioni per un totale di 1,16 milioni di Euro nei confronti di Neomobile, Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G per pratiche commerciali scorrette inerenti ad alcuni servizi in abbonamento per la ricezione di contenuti multimediali.
Secondo l’Authority [pdf]: «Nei messaggi oggetto della pratica commerciale in esame non sono poste in adeguata evidenza le informazioni relative al contenuto del servizio, consistente in un abbonamento settimanale per ricevere contenuti multimediali, ai costi e alle modalità di fruizione, inclusa la disattivazione. L’enfasi attribuita alla gratuità degli SMS e alla possibilità di ricevere una suoneria induce
confusione sull’oggetto dell’offerta, in particolare omettendo che si tratta di abbonamento a un servizio di ricezione di contenuti multimediali, riportato in una nota di carattere e grafica sproporzionate rispetto al claim. Pertanto, il contenuto dei messaggi oggetto di valutazione, in quanto confusivo e di fatto omissivo riguardo all’oggetto dell’offerta e alle sue caratteristiche economiche e di fruizione, è in grado di orientare indebitamente le scelte dei consumatori».
L’Autorità ha così disposto sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti coinvolti, multando Neomobile per 115mila Euro, Telecom Italia per 315mila Euro, Vodafone Italia per 285mila Euro, Wind per 265mila Euro e H3G per un totale di 180mila Euro. La decisione dell’antitrust ha colto il plauso di numerose associazioni dei consumatori, che ormai da tempo si battono per una maggiore trasparenza dei messaggi pubblicitari legati ai servizi multimediali per telefoni cellulari. Carlo Rienzi, presidente del Codacons, ha sottolineato come il settore sia contraddistinto da un numero crescente di truffe: «Basti pensare che 8 siti internet su 10, specializzati nella vendita di suonerie e prodotti simili, non rispettano la normativa europea. Il prezzo medio di una suoneria va dai 3 ai 5 euro e tra le principali scorrettezze a danno degli utenti vi è la prassi di non specificare l’avvenuta adesione ad abbonamenti settimanali, nonchè quella di non indicare chiaramente come disdire il servizio di invio suonerie direttamente sul cellulare».