Il cinema tridimensionale sta arrivando, anche in Italia, con i suoi diversi standard di proiezione e di qualità, ma su una cosa concordano tutti gli esercenti e i distributori: “Il 3D è la chiave per il ritorno della centralità della sala perchè è una tecnologia non replicabile in casa“. Ma si sbagliano.
Lo si dice da molto che non è vero che il 3D non è replicabile in casa, è solo una tecnologia immatura, ovvero pronta per la commercializzazione a livello tecnico ma non a livello di mercato. Troppi standard e pochi contenuti. Già Hyunday (si quelli delle macchine, non chiedetemi perchè) e Dlp hanno le prime soluzioni.
A questo scopo la Society of Motion Picture And Television Engineers (SMPTE) ha intenzione di far partire un’iniziativa che tenti la creazione di uno standard per la televisione 3D sul quale tutti si possano concentrare per sveltirne l’adozione.
Ad aprile 2009 arriva il primo lungometraggio veramente commerciale girato e concepito per una visione in tre dimensioni: si tratta di Monsters vs. Aliens della Dreamworks. Dopo 6-7 mesi sarà pronto per l’uscita in Home Video. Si tratta di un anno da oggi circa, un tempo in cui è difficile pensare che si possa mettere a punto uno standard, produrlo e immetterlo sul mercato. E questo fa capire come i tempi siano stretti in fondo.
Una data più probabile sembra invece quella di Avatar, l’opera di James Cameron che si annuncia come la monumentale rinascita del cinema 3D e che sarà nei cinema a dicembre 2009, dunque pronta per l’Home Video il giugno seguente, 2 anni da oggi.
Ma due anni di lavoro bastano?
I passi che ci separano dalla creazione di uno standard sono innanzitutto la creazione di una tecnologia di masterizzazione che metta daccordo tutti e che sia visibile con tutti i tipi di device (vi prego non mi dite che mi devo comprare un altro lettore). Perchè se la polarizzazione differente per ogni occhio (che è ciò che causa l’effetto 3D) avviene grazie agli occhiali non si dovrebbe necessitare di un lettore particolare, ma solo di film masterizzati in maniera particolare.
Ci vorranno allora 6 mesi secondo la SMPTE per studiare la situazione ed elaborare un report che indichi quali siano le tecnologie migliori, quale la qualità e i requisiti minimi richiesti e quali i criteri di evoluzione per arrivare ad uno standard unico.
Da lì poi occorre trasformare il report in un set di regole per la masterizzazione dei dischi. Una procedura questa abbastanza complessa che dovrebbe prendere almeno un anno.
A quel punto però l’unico step mancante sarebbe l’effettiva produzione dei dischi. Dunque la tecnologia potrebbe dirsi pronta in un periodo che va dall’anno e mezzo ai due anni.