La tecnologia digitale al cinema è ormai più che pronta ma, e lo diciamo da tanto, stenta ad essere adottata perchè non porta un beneficio evidente per gli spettatori (cioè che li convinca a scegliere quel cinema con quella tecnologia e che giustifichi i forti costi di installazione) e soprattutto perchè sopraffatta da quella 3D, più spettacolare e più interessante per gli esercenti e produttori che vedono nei film in 3 dimensioni una modalità di fruizione non replicabile in casa e quindi non piratabile (la realtà delle cose poi, lo sappiamo, non è esattamente così).
Il 3D però al momento funziona, la gente lo va a vedere, paga biglietti più costosi e le sale continuano ad aumentare in tutto il mondo (anche da noi sono state promesse dai grandi multisala al massimo per fine 2008). Nielsen comunica che la versione 3D di Beowulf in proporzione ha incassato il 65% in più della versione 2D.
Come tutte le tecnologie al suo inizio però anche il cinema in 3 dimensioni soffre della mancanza di uno standard ed è preda di diverse varianti.
Al momento le possibili tecnologie le forniscono Real D, Dolby 3D e NuVision (l’Imax ha un sistema tutto suo che non è esportabile alle sale normali) e a sentire i maggiori esperti non c’è praticamente nessuna differenza. Dunque a far decidere gli esercenti (o le case di produzione) tra uno standard o l’altro saranno i modelli di business, cioè il modo in cui le singole aziende rientrano della spesa. E gran parte di questi modelli risiede nel commercio degli occhialetti.
Per vedere i film in 3D infatti al momento (e chissà per quanto) bisogna indossare gli speciali occhiali, questo perchè il meccanismo si basa sulla visione stereoscopica, cioè ogni occhio vede un’immagine polarizzata diversamente e questo crea l’effetto tridimensionale. Nonostante siano allo studio schermi in grado di rendere obsoleti gli occhiali ad ora non c’è altra possibilità.
E facendo di necessità virtù la fornitura continua di occhiali per le sale potrebbe essere il business vero in grado di fare la differenza tra un sistema e l’altro.
La tecnologia Real D sembra quella piazzata meglio e non a caso installata nel 97% delle sale e scelta dal 90% dei richiedenti, dotata già di un modello di business in revenue-sharing che rende gratuita l’installazione del sistema ma fa pagare ogni occhiale 75 centesimi.
A questo fa però da contraltare il fatto che la tecnologia richiede un schermo argentato molto costoso e che per le normali proiezioni genera qualche difetto come i bordi leggermente scuriti. Questo fa sì che non si possano trasformare con una simile tecnologia tutte le sale di un multisala e quindi un film in 3D non può compiere il tradizionale viaggio di sala in sala a mano a mano che col tempo il pubblico fisiologicamente cala.
Completamente diversa invece la tecnologia Dolby 3D che modifica il proiettore aggiungendo una ruota che si posiziona davanti alla lente e così consente l’uso dello stesso proiettore anche per film in 2D al pari del medesimo schermo. Il problema del Dolby 3D è che necessita di occhiali decisamente più costosi (35 dollari l’uno) che devono essere lavati tra uno spettacolo e l’altro. La sala tuttavia non è tenuta a dividere con nessuno gli introiti.
La tecnologia NuVision invece è tutta incentrata sugli occhiali che illuminano o scuriscono l’immagine alternandosi a rapidissima velocità e in sincrono con quanto accade sullo schermo. Dunque come per il Dolby lo schermo può rimanere il medesimo di prima.
Dunque sembra che in tutti i casi il business siano comunque gli occhiali, anche quando questi non sono in concessione come accade per il Real D. Tecnologie come quella Dolby infatti richiedono parecchie paia di occhiali per ogni sala (specialmente per il fatto che devono essere lavati e asciugati) che è facile immaginare dovranno essere sostituiti molto spesso per motivi di usura e danneggiamento.
La lenta adozione sembra dunque ancora più rallentata da una competizione basata sui sistemi di guadagno. Competizione destinata presto ad essere obsoleta per lo scomparire (ce lo si augura) degli occhiali.
Dunque al di là dei modelli di revenue rimane la terribile consapevolezza della guerra di formati che ci aspetta, poichè ovviamente i tre sistemi non sono compatibili. Una guerra che è solo l’anticipo di quella che ci investirà quando sarà il turno delle tecnologie per il 3D casalingo, dove a scegliere non saranno le aziende ma i consumatori, notoriamente più suscettibili a variabili che non siano la sola convenienza economica.