Intorno a Microsoft, le polemiche non accennano a placarsi. Dopo i ripetuti scontri con il movimento open source, di cui abbiamo già dato variamente notizia, e il deciso attacco della ProComp (Project to Promote Competition and Innovation in the Digital Age), l’associazione di concorrenti della Microsoft che comprende società del calibro di Corel, Netscape Communications, Oracle e Sun Microsystems, adesso è la volta del Wall Street Journal, l’autorevole e prestigiso quotidiano economico d’oltreoceano.
L’accusa, anche stavolta, non è certo da prendere sottogamba, data anche l’indiscussa autorevolezza della fonte da cui proviene. L’articolo, scritto da Walter S. Mossberg il 7 giugno scorso, ci va giù pesante e attacca senza mezzi termini una nuova funzionalità presente in Internet Explorer (e veicolata quindi sia da Windows XP che da Office XP), i cosiddetti “Smart Tag”. La funzionalità consiste in questo: aprendo una qualsiasi pagina web con la versione di Explorer che contiene gli Smart Tag, appariranno sottolineate (linkate) alcune parole scelte non dal gestore del sito, ma direttamente da Microsoft: “Piazzando il mouse su una sottolineatura – così il WSJ – appare un’icona. Cliccando sull’icona, una finestra mostra link ad altri siti che offrono ulteriori informazioni.”
Posta in questi termini, la questione potrebbe anche sembrare pacifica: gli Smart Tags non farebbe altro, in fin dei conti, che fornire un grosso aiuto a tutti gli utenti, rendendo più semplice il reperimento di informazioni su argomenti che si suppone possano interessarli. Secondo il WSJ, però, le cose hanno un senso molto diverso: “La funzionalità, che non è stata ancora resa pubblica, consente a Explorer, il browser Microsoft incluso in Windows XP, di trasformare qualsiasi parola su qualsiasi sito Web in un link al sito o ai servizi Microsoft o ad altri spazi Internet appoggiati da Microsoft. In effetti, attraverso il browser Microsoft potrà rieditare il sito di chiunque, senza che questi ne abbia consapevolezza o abbia dato il proprio permesso, in un modo che spingerà gli utenti a lasciare il sito corrente e a recarsi su un sito scelto da Microsoft.”
Il timore reale, insomma, è che Microsoft stia puntando a costruire un vero e proprio “sistema di link proprietario”, tale per cui tutto il Web rischierebbe di trasformarsi in una sterminata foresta percorribile solo sotto la guida del gigante di Redmond. È sempre questo, in fondo, il pericolo denunciato dai numerosissimi attacchi congiunti che stanno accompagnando il varo del grande progetto .NET, all’interno del quale rientrano pure i tanto contestati Smart Tags.
Quanto a Microsoft, naturalmente, minimizza. E sostiene che lo scopo del progetto non è né la colonizzazione del Web né la volontà di procurarsi pubblicità gratuita, utilizzando gli Smart Tag per rinviare a siti propri, malgrado il fatto che i link siano generati da contenuti appartenenti a tutti i web site visitati dall’utente. Lo scopo, dicono da Redmond, è semplicemente quello di fornire un servizio il più utile possibile a chiunque navighi online.
Il Wall Street Journal, però, ancora una volta la pensa in maniera molto diversa: “Gli Smart Tag sono qualcosa di nuovo e di pericoloso. Significano che un’azienda che controlla il mercato dei browser sta sfruttando tale potere per alterare il web site altrui a proprio vantaggio. Microsoft ha tutto il diritto di vendere servizi. Ma se per farlo usa il software dominante del settore, rischia di mandare tutto in tilt, e minaccia l’integrità dell’editoria”.