Che gli Stati Uniti abbiano avuto un ruolo assolutamente fondamentale nella nascita del web è un dogma storico innegabile. Che gli Stati Uniti abbiano il diritto di mantenere il loro controllo sul web “ad libitum”, invece, è una questione decisamente diversa e quantomeno opinabile. Eppure in questo contesto dagli USA arrivano dichiarazioni di intento inequivocabili: dopo il 2006 l’ICANN non cambierà la propria natura ed il proprio ruolo e, anche dopo il prestabilito taglio del cordone ombelicale che lega l’importante istituzione con la DOC (Department of Commerce), i rapporti tra Stati Uniti e World Wide Web dovranno rimanere immutati.
Il comunicato con cui gli States allungano la mano sul futuro della Rete è firmato Michael D. Gallagher ed è stato pubblicato sul sito ufficiale della National Telecommunications and Information Administration (NTIA). In particolare Gallagher esprime 4 concetti cardinali:
- «Gli Stati Uniti intendono preservare la sicurezza e la stabilità del “Domain Name and Addressing System” (DNS)». Con la crescita del ruolo di Internet nella sfera economica mondiale, gli Stati Uniti vogliono porsi in qualità di garanti dell’efficienza del sistema sul quale si erge l’intera Rete;
- Gli USA intendono garantire il diritto di ogni singola nazione a gestire i propri Top Level Domain;
- L’ICANN è l’istituzione più appropriata per la gestione del DNS. Gli Stati Uniti, dunque, continueranno a supportare l’associazione affinché possa proseguire nel proprio ruolo anche oltre la scadenza prefissata del 2006;
- Gli Stati Uniti intendono promuovere un dialogo esteso circa le tematiche relative alla “governance” di Internet. Si incoraggiano dunque tutti i pubblici interessati ad offrire il proprio contributo affinché il sistema cresca in modo robusto e dinamico. Gli USA ribadiscono comunque i propri intenti nel mantenere un ruolo di primo piano per l’iniziativa privata in seno all’approccio da tenere nel settore.
L’impronta che i più intendono dare al post-ICANN sarebbe quella di una transizione progressiva verso un governo più esteso della Rete, tale per cui tutto in mondo potesse essere rappresentato, al fine di comporre un quadro governativo al di fuori dell’influenza geo-politica di una ristretta oligarchia di potenze. Tra le proposte alternative è recentemente emersa quella della International Telecommunication Union, (gruppo, facente capo alle Nazioni Unite, che si occupa delle politiche internazionali nell’ambito delle telecomunicazioni) quale candidata a sostituire l’ICANN nel ruolo di gestione e controllo dei cosiddetti “server root”: tale prospettiva, avanzata ed appoggiata principalmente da Brasile e Cina, è stata presto accantonata dalle pressioni di matrice euro-americana ed oggi completamente affossata dalle dichiarazioni d’intento provenienti dalla NTIA.
Un rapido coro di proteste s’è presto levato contro la posizione statunitense. Il sarcasmo di The Register si è manifestato notando come nell’intervento di Gallagher sia chiaro il marchio “Bush” in ogni espressione usata: non a caso si parla del presidente in quanto meritorio di elogi per la robustezza dell’economia; si parla del presidente in qualità di ispiratore delle posizioni NTIA; si parla del presidente in ogni sezione, con tanto di fotografie e citazioni, a sottolineare la matrice governativa di stampo politico che il documento porta all’interno del proprio DNA. Non meno graffiante l’intervento dell’Associated Press, la quale riporta vari interventi provenienti dalla Danimarca («sembra essere un’estensione della politica di sicurezza che ha seguito l’11 Settembre […] la gente dovrebbe chiedersi: gli americani vogliono il controllo su Internet?»), dal Giappone (ove il ministro per gli Affari Interni Masahiko Fujimoto ha messo in forse l’impronta privatistica, in opposizione ad un più radicale intervento governativo, circa il governo della Rete) o dalla Svezia (ove Patrik Faltstrom, esperto di infrastruttura IP per Internet Engineering Task Force (IETF) e Internet Architecture Board, ha giudicato negativamente l’annuncio soprattutto «per alcuni paesi […] è chiaramente sbagliato che un solo paese possa dire di “no” a ciò che vien fatto in un altro paese»).
I prossimi incontri programmati nell’attività ICANN saranno presumibilmente cruciali per stabilire non solo il futuro dell’associazione, ma soprattutto per stabilire chi dovrà dettare le regole per l’Internet che verrà imponendo indirettamente al mondo intero la propria impronta etica. Mai come in questo frangente la politica internazionale e la politica del web hanno visto contingentare i propri interessi ed il proprio futuro, ed il momento è dunque tanto importante quanto radicale potrà essere il cambiamento (o il mancato cambiamento, a seconda del punto di vista espresso dalle posizioni in campo). Le ipotesi tecniche sono ancora tutte in ballo: l’ICANN potrebbe continuare così com’è; l’ICANN, al contrario, potrebbe variare la propria direzione ed estendere maggiormente l’influenza internazionale sulle decisioni intraprese; più radicalmente, l’ICANN potrebbe abdicare in favore di una nuova entità che va però ancora precisamente identificata; il dibattito potrebbe prolungarsi e farsi teso, congelando dunque la situazione attuale fino a nuova risoluzione.
La domanda passa dall’economia alla politica attraversando tutta la piattaforma tecnologica che ne fa da sostrato, giungendo più radicalmente ad affossarsi in quella che è la Information Ethics: se è difficile capire cosa sia “bene” e cosa sia “male”, ancor più complesso è arrivare ad una posizione comune nello stabilire chi a tali domande dovrà porre una regola ed una risposta. Gli Stati Uniti si sono candidati ed intendono giocare fino in fondo la propria partita. Altri chiedono che, almeno, il risultato non sia conosciuto già a priori, e che in questa partita uno dei contendenti non ambisca anche al ruolo di arbitro.