Una classifica dopo l’altra, e l’Italia ne esce ogni volta immortalata con una immagine in tonalità di grigio senza riuscire ad uscire dal torpore informatico in cui è caduta da ormai troppo tempo. Le carenze sono sempre le stesse: istruzione, cultura del Web, infrastrutture, accesso alla Rete. Stessi ingredienti, stesso risultato: l’Italia è in coda e non solo arranca, ma vede addirittura peggiorare la propria posizione al cospetto delle altre nazioni considerate di pari livello economico. Gli ultimi dati provengono dal World Economic Forum, il cui report “The Global Information Technology Report” rappresenta per l’Italia una sorta di bollettino di guerra. Di una guerra persa.
Evitare di cadere nel piagnisteo di una nazione che troppo spesso guarda a se stessa in modo futilmente critico sarebbe cosa utile, ma l’analisi dei numeri non può che volgere in negativo ogni giudizio. L’Italia, infatti, viene valutata in 45esima posizione nello speciale ranking WEF dedicato al mondo ICT (era 42esima un anno fa, era 38esima due anni or sono). La classifica è guidata ancora una volta dai paesi del nord Europa, ma l’Italia è surclassata anche da stati che l’immaginario collettivo vorrebbe probabilmente in situazioni peggiori (tra gli altri Estonia, Malaysia, Lituania, Tunisia o Cile). Svettano in classifica Danimarca, Svezia e Stati Uniti, seguiti a ruota da Singapore, Svizzera e Finlandia. Chiudono invece l’elenco nomi quali Chad, Bangladesh ed Etiopia.
L’indagine è molto approfondita ed offre per ogni singolo paese dati precisi relativi a tutta una serie di dati le cui singole valutazioni coadiuvano alla formulazione del giudizio finale. I dati relativi all’Italia (nella maggior parte dei casi relativi al 2006/2007) indicano una quantità di cittadini in Rete pari a 54 unità su 100. Viceversa le sottoscrizioni ad utenze di telefonia mobile sarebbero 137 ogni 100 abitanti, più di una a persona: in questo sgangherato paradosso v’è un po’ il riassunto dell’intera situazione, ed in questo settore il tricolore sviluppa la propria eccellenza posizionandosi al settimo posto a livello mondiale dietro paesi quali Emirati Arabi, Estonia, Qatar o Bahrain.
I problemi maggiori per il nostro paese sembrano essere soprattutto in due ambiti: l’approccio dei singoli alle nuove tecnologia e la parallela dotazione dell’area business. Le aziende risultano infatti essere ancora molto distanti dalla Rete (solo nei giorni scorsi Google Italia lamentava come nello stivale solo 6 aziende su 10 abbiano un collegamento ad Internet e solo 2 su 10 abbiano un sito web) e l’utenza ne rimane lontana a casa di una scarsa disponibilità di banda larga (tanto in quanto ad abbonamenti, quanto a velocità).
«Nel rapporto, il Wef afferma che investire in infrastrutture di telecomunicazioni e servizi può contribuire alla “concorrenza generale ed al progresso” e mette i Paesi sulla strada giusta per trarre vantaggio da un eventuale ripresa della crescita economica». Reuters riporta così la chiave per interpretare il ranking WEF ed il significato che deve trasmettere per ogni singola realtà nazionale: «Le connessioni veloci ad Internet dovrebbero esser viste ora come “parte dell’infrastruttura di base di ogni Paese ed uno dei pilastri dell’economia della conoscenza“». Che poi altro non è se non l’invito formulato nei giorni scorsi anche dall’Unione Europea, secondo cui solo gli investimenti nell’innovazione possono tirare fuori dal pantano l’economia.