I new media crescono, lo dice anche l’Osservatorio del Politecnico di Milano nella sua ultima analisi, e lo State of media americano ha celebrato i social e la Rete. Questo però non ha attinenze dirette con l’economia reale dell’information tecnology. Infatti, la crisi si sente eccome. Il rapporto Assinform 2013 mostra che l’Italia informatica è ferma.
Forse ci si poteva aspettare un trend leggermente negativo – anche l’ICT è comunque legata alle commesse fuori e dentro i confini e patisce le ristrettezze economiche del resto del paese – ma quel -1,8% medio influenza quasi il 5% il PIL nazionale: 68,1 miliardi di euro. L’associazione che fa parte di Confindustria – 390mila addetti – racconta nel suo 44° rapporto nazionale (PDF) una crisi che colpisce tutti nonostante la crescita dell’advertising e dei contenuti. Se la pubblicità e i software non fossero cresciuti rispettivamente del 7% e del 2% il risultato sarebbe stato ancora più negativo, dato che comunque porta il Paese dietro le spalle di quasi tutti i suoi concorrenti europei.
Il documento affronta in 64 slide la brusca frenata dell’economia digitale italiana che nel 2013 probabilmente potrà soltanto peggiorare. Si è anche stabilito che se anche dovesse applicarsi quanto previsto dall’agenda digitale, questo solleverebbe il mercato fino alla soglia di un -1,5%, senza recuperare tutto lo svantaggio. Più concreta, al limite, l’accelerazione sui pagamenti dei crediti delle imprese da parte dello Stato chiesti a più riprese dal presidente Squinzi. Paolo Angelucci, di Assinform, invece così commenta il rapporto:
Ci attendiamo un’ulteriore discesa del Global Digital Market del -3,6%, con l’It tradizionale in caduta libera a -5,8%, con pesanti ricadute soprattutto sull’occupazione. Se, al contrario, si darà avvio a un vero cambiamento del quadro di riferimento, introducendo elementi di correzione degli assetti attuali, allora si potrà iniziare a vedere una luce in fondo al tunnel.
Può sembrare strano, ma nel documento non mancano i dati del boom dei device mobili (così straordinariamente esemplificato dalla immagine delle due piazze San Pietro nel 2005 e nel 2013 in occasione delle due nomine del pontefice), vera ossessione degli italiani: la vendita di tablet è cresciuta del 69%, quella degli smartphone del 39%, e rappresentano da soli 3 miliardi di euro, e poi musica digitale, ebook. Ma sono prodotti di consumo personali che aiutano soprattutto l’economia dei produttori. Colossi che hanno il cervello negli Stati Uniti, sedi fiscali in Irlanda, fabbriche in Cina e lasciano qui un po’ di marketing, di logistica, vendita al dettaglio. Con effetti occupazionali reali, ovvio, ma abbastanza circoscritti.
Ad essere in crisi è il digitale delle cose e delle idee realizzate qui: produttori di sofware, fornitori di servizi, provider. E la scarsa vocazione all’innovazione di aziende e p.a. sta frenando anche l’e-commerce, che pure potrebbe fare di più in Italia, e la creazione di nuovi posti di lavoro. Per invertire la tendenza, Assinform propone questa ricetta:
- Delega al prossimo governo sull’Agenda digitale con un sottosegretario e commissione
- Completamento dell’impianto normativo su e-commerce e startup
- Sensibilizzazione culturale e formativa sul digitale
- Politiche industriali che favoriscano il business elettronico