Questa notte un brutto incendio dalle parti di Arezzo ha causato un crollo del Web, con migliaia di siti e ancora più mail – comprese quelle certificate – del tutto inutilizzabili e inaccessibili. L’incendio infatti non è accaduto in un bosco, ma nella webfarm di Aruba, uno dei più grandi hosting italiani. Con effetti spiacevoli.
Soltanto in queste ultimissime ore si stanno ripristinando i servizi, ma ci vorrà probabilmente tutta la giornata, da considerare ormai bruciata (in tutti i sensi) per moltissimi utenti, in particolare quelli che con mail e computer ci lavorano. Un disagio che è esploso in Rete già da stamattina: basta dare un’occhiata ai commenti, tra il disperato e il salace, su Twitter con l’hastag #aruba.
Tra battute divertenti che citano i bombardamenti in Libia, e utenti imbufaliti che minacciano ricorsi, quello che è da considerare il più grande blackout della Rete in Italia è stato protagonista dei commenti quasi più del matrimonio reale a Londra.
E anche se la stessa Aruba sul suo account Twitter ha cercato di tenere costantemente aggiornata la blogosfera sul ripristino dei servizi, non manca chi denuncia una scarsità di sicurezza.
Sul blog Vita digitale fioccano coloro che sono stupiti da un black out così grave. Gemseo si chiede “una azienda cosi grande come lo è Aruba non ha dei sistemi antincendio, come per esempio generatori d’azoto?”, oppure Jean Luc che sottolinea come “questo genere di problemi sono inaccettabili per chi si presenta sul mercato in quel modo. Da quello che leggo mi sembra sia anche mancato il più banale piano di Business continuity”.
In realtà nessuno ha una copia esatta dei server, avrebbe un costo enorme, e questo incidente ha danneggiato la parte elettrica, non i dati, che sono al sicuro. Tuttavia l’evento è davvero impressionante, e una politica di ricovero con passaggio in tempo reale non sarebbe male per chi gestisce un milione e mezzo di domini, in prospettiva futura.
A chi però comincia a pensare a class action contro questo disservizio, è stato fatto notare come il contratto che lega i consumatori a questi hosting prevede il “best effort“.
Se notate ancora rallentamenti, bisogna avere pazienza: il ripristino delle sale e dei server non significa ripristino immediato dei siti e della posta elettronica, perché i DNS devono ricollegarsi. Ci vorranno altre 24 ore per risolvere tutto.