Sono tornati in piazza i ragazzi iraniani, a ricordare al mondo e soprattutto a sé stessi che sono stati i primi a farlo. Perché se Tunisi ed Egitto si sono liberati, è stato l’Iran, un anno fa, a inventare la protesta 2.0.
Anche per le restrizioni molto forti subite in questi mesi, ci eravamo abituati a pensare che le proteste delle nuove generazioni contro i regimi del medioriente fossero sempre più difficili, soprattutto a Teheran.
Invece in questi giorni, nel più profondo black out informativo (le agenzie straniere si sono viste scadere i permessi per restare sul suolo iraniano) è cominciata a esplodere la rivolta, proprio sul Web.
La lezione del Cairo è che la Rete è più forte di tutti. Lo ha capito il Dipartimento USA (ormai platealmente implicato nel rovesciamento di Mubarack) che con l’account UsaDarFarsi invita la popolazione a utilizzare i social network.
L’obiettivo è chiaro: convincere la popolazione a liberarsi di Amadinejhad, accusando il regime di aver sostenuto i ragazzi egiziani (visti dai loro coetanei iraniani come eroi) soltanto a parole, mentre ha cercato di soffocare le manifestazioni nel suo paese.
L’hashtag da inserire per le micro conversazioni su Twitter è #25Bahman, ma ci sono anche altri account sui quali si sta organizzando il dibattito, come ad esempio IranFB, nel quale si possono scovare video, immagini, articoli dai blog, e si nota come negli hashtag sono spesso citate “Tunisia” e “Egypt”.
Free Iran è la pagina Facebook più frequentata per restare aggiornati su quanto sta accadendo nelle piazze di Teheran e Shiraz, tra video postati su YouTube, fotografie, tweet: materiale che in altre circostanze sarebbe da riscontrare con attenzione, ma che i giornali di tutto il mondo utilizzano perché è probabile sia tutto vero, e in ogni caso non si ha la possibilità di fare altrimenti.
Sulla pagina, molti video e contributi provengono da FreedomMessenger, un aggregatore di notizie antigovernativo.
Al momento Facebook e Twitter sono utilizzati per superare la censura e fornire informazioni utili alle opposizioni.
ad esempio, dopo gli spari di domenica, sui social network si è diffusa la notizia secondo cui il leader dell’opposizione iraniana Mir Hossein Mussavi e sua moglie Zahra Rahnavard sono scesi in piazza per unirsi ai manifestanti, per poi essere messi agli arresti domiciliari.
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