Oggi l’autorità garante per le comunicazioni ha presentato l’esito della sua indagine conoscitiva sui servizi Internet e la pubblicità. Un report che mostra il ruolo del web nella trasformazione dell’informazione e quanto questo influenza anche la raccolta pubblicitaria, e che stabilisce il ruolo incontrastato di Google.
Google sopra tutti, si potrebbe dire, riassumendo le statistiche raccolte da Agcom e dai dirigenti del settore Analisi dei mercati, concorrenza e studi, Antonio Perrucci e Marco Delmastro, e commentate in una tavola rotonda col commissario Antonio Nicita e Luca De Biase. L’indagine conoscitiva si occupa dei vari asset della filiera produttiva ed evidenzia la netta prevalenza in numeri assoluti dei mezzi tradizionali, ma anche la crescita del ruolo del web per l’informazione.
Se infatti già oggi la raccolta pubblicitaria online è in controtendenza con il settore nel suo complesso, la Rete si colloca in terza posizione come strumento di informazione, essendo utilizzato dal 42% delle persone che si interessano attivamente ai fatti di attualità, con una distanza di appena 3 punti percentuali dai quotidiani. Inoltre, internet si configura come una fonte di primaria importanza soprattutto per la ricerca di notizie inerenti l’attualità internazionale e nazionale: è il secondo mezzo di informazione dopo la televisione.
#agcom raccolta #pubblicità online in controtendenza rispetto ai mezzi tradizionali
— AGCOM (@AGCOMunica) February 21, 2014
A chi si rivolgono gli italiani
Per quanto riguarda le varie forme di informazione in rete, l’indagine di mercato svolta da SWG per conto dell’Autorità ha evidenziato che l’informazione tradizionale (quotidiani online soprattutto) riveste un ruolo prioritario, con una penetrazione del 28% della popolazione; la penetrazione degli aggregatori è ben al di sopra del 10% (maggiore per i blog e più marginale per le nuove testate online) mentre una rilevante percentuale di utenti utilizza il search anche per informarsi sull’attualità. In Italia è pari al 12,4% della popolazione e al 21,6% degli utenti che navigano.
In Italia Google è risultato il sito più utilizzato per informarsi #agcom #indagine su #servizi internet e #pubblicitá on line
— AGCOM (@AGCOMunica) February 21, 2014
Per comprendere come questo settore stia quindi cambiando in modo trasversale e verticale, basta dire che Google rappresenta in Italia il sito più utilizzato per informarsi (21,5%) e Facebook si colloca al quinto posto con il 7%. Tra i due, ci sono le tre principali testate tradizionali: Repubblica, Corriere, Ansa, che insieme superano di poco la somma degli altri due: 36% dei quotidiani online contro il 29% di motori di ricerca e social network.
Le tipologie di offerta
Decisamente intricato anche il mercato dell’informazione, se visto come offerta e secondo il modello di sostentamento economico. Basta leggere la slide della sintesi del report di Agcom (sotto) per rendersi conto che al momento c’è una pluralità di servizi di tipo verticale (ossia volti a soddisfare una specifica esigenza, quale l’informazione o l’intrattenimento audiovisivo) e anche orizzontale (rivolti ad una pluralità di scopi, quali i portali, i motori di ricerca e i social network), offerti sempre più in mobilità, spesso finanziati attraverso il ricorso alla raccolta pubblicitaria online: di tipo display, video, search, classified/directory, newsletter/email/SMS/MMS, visualizzata su desktop, dispositivi mobili e smart Tv. Questo caleidoscopio in realtà si sta semplificando, come spiegano gli analisti dello studio Agcom:
Questa dinamica è riconducibile prevalentemente all’esistenza di forti esternalità di rete: dirette (es. social network), indirette (es. sistema operativo e applicazioni software) ed incrociate (search), che inducono l’utente a scegliere network platform con basi installate più ampie, favorendo, pertanto, l’emergere di una sola piattaforma. Inoltre, in alcuni ambiti, l’impatto degli effetti di rete (e dei feedback positivi generati) è rafforzato dalla presenza di elevati multi-homing e switchingcost (sistemi operativi) idonei a vincolare l’utente all’utilizzo di una determinata piattaforma. In altri ancora, è la particolare struttura dei costi d’impresa (elevati costi fissi e affondati, a fronte di costi marginali poco significativi) a determinare rendimenti crescenti di scala per un lungo tratto della curva dei costi medi, inducendo verso assetti particolarmente concentrati (browser) o addirittura monopolistici (search).
Tradotto: la stretta interdipendenza dei device e degli ambienti software di diffusione dell’informazione e quindi della pubblicità, premia la piattaforme che riescono a raccogliere più dati possibile dei loro utenti. Siccome gran parte del flusso di informazioni è gratuita, il sistema tende a premiare i grandi e a rendere sempre più marginali i piccoli. Le porte di ingresso al Web consentono di indirizzare e orientare le diverse richieste degli utenti, quindi search, portali, device, social, alimentano il mercato e dettano le regole.
Il valore economico di Internet
È stato calcolato che il contributo fornito da internet all’economia nel 2016, rappresenterà in Italia una quota superiore al 3%, raggiungendo un valore di almeno 59 miliardi di euro. Il ricco studio dell’Agcom merita naturalmente una lettura approfondita e tempo per ragionare su questi dati. La prospettiva è comunque abbastanza chiara: ci sono due livelli di concentrazione, uno a monte e l’altro a valle del mercato, che tendono a uniformarsi. Secondo la semplice logica del seguire il denaro (la raccolta pubblicitaria rappresenta la fonte di finanziamento ampiamente prevalente
per gli editori di siti web), si arriva alla conclusione che la governance di Internet deve tenere presente che l’autoregolamentazione ha permesso la crescita del settore, e che lo sforzo principale va indirizzato a colmare l’esclusione digitale e a legiferare per limitare le distorsioni, industriali e fiscali, dell’intero settore.