Non fanno molto onore all’Italia le ultime statistiche fornite dall’Unione Europea sui livelli di innovazione raggiunti nel biennio tra il 2002 e il 2007. Sui 37 paesi – comunitari e non – analizzati dall’indagine, l’Italia si è collocata al 23esimo posto, con un indice complessivo pari a 0,33 punti. Un risultato poco promettente, specie se confrontato con la media europea attestatasi a 0,45 punti: un distacco eloquente.
Lo studio condotto dalla divisione per l’industria della Commissione Europea ha analizzato la capacità di innovazione dei paesi sulla base di venticinque indicatori divisi in cinque diverse categorie. La ricerca ha tenuto conto delle condizioni strutturali necessarie per valutare le potenzialità innovative di ogni paese e l’impegno nei fondamentali settori della ricerca e dello sviluppo. Particolare attenzione è stata poi rivolta alla capacità delle imprese di creare innovazione, investendo nella ricerca per produrre prodotti innovativi e appetibili sul mercato. Infine, l’indagine ha verificato le performance espresse in termini di valore aggiunto nei settori innovativi e la capacità di resa delle proprietà intellettuali create.
Terminata una prima fase conoscitiva e di raccolta dei dati, è stata poi stilata una classifica suddividendo i paesi in quattro categorie distinte, a seconda dei punteggi raggiunti nel corso dell’indagine. L’Italia si è così classificata nel terzo gruppo tra i “moderati innovatori” insieme ad Australia, Estonia, Slovenia, Norvegia, Repubblica Ceca, Cipro e Spagna. Una posizione molto distante dal gruppo di testa dell’indagine, in cui compaiono i paesi che hanno ottenuto un punteggio superiore alla media dei 27 stati europei. Tra i “leader” compaiono: Svezia, al primo posto, Svizzera, Finlandia, Israele, Danimarca, Giappone, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Al gruppo principe si accodano poi i paesi “inseguitori”: Lussemburgo, Islanda, Olanda, Irlanda, Austria, Francia, Belgio e Canada.
Oltre a Cipro e Spagna, si sono classificati peggio dell’Italia i paesi catalogati come “emergenti”, ovvero: Malta, Lituania, Ungheria, Grecia, Slovacchia, Polonia, Croazia, Bulgaria, Portogallo, Lettonia e Romania. La poco esaltante performance dell’Italia è un campanello di allarme molto importante sulla capacità dell’intero sistema di produrre innovazione e sfruttarne i benefici. Gli scarsi investimenti nella ricerca potrebbero riservare sorprese meno piacevoli di un semplice posto nelle retrovie di una classifica.