Manca poco alla nomina del successore di Alessandra Poggiani alla guida dell’Agid. A due settimane dalla chiusura del bando, la ministra Marianna Madia dovrà infine rendere noto il nome, dalla rosa di candidati che hanno presentato curriculum e progetti per guidare l’agenzia che si occupa dell’agenda digitale italiana. Una rosa in realtà molto più ristretta dei quasi 200 nomi arrivati, ma che ancora sembra dividersi fra alcuni punti di vista.
Il ministero della Funzione Pubblica deve dipanare la questione se sia meglio un esperto di Ict oppure uno di pubblica amministrazione, magari trovando un compromesso alto. Inoltre, c’è da mettere in conto la sempre più forte tentazione di palazzo Chigi di ascriversi l’agenda digitale e di smontare l’Agid secondo i piani di Guerra, oppure ribadire una soluzione interna all’Agid. Basta incrociare questi due bisogni per arrivare a pochi nomi possibili. Uno è quello di Mauro Nicastri, già dirigente dell’Agid, all’opposto si trova Raffaele Tiscar, vicesegretario generale di Palazzo Chigi. Pare però che quest’ultimo in realtà non abbia presentato la propria candidatura e che non sia affatto nominabile.
Il totonomi giornalistico, un po’ incontrollato, è dovuto al fatto che l’elenco dei candidati non è mai stato fornito al completo, per un problema con il consenso alla pubblicazione. Questa differenza ha scatenato le ipotesi più fantasiose. Come quella che vorrebbe Benedetta Arese Lucini, la country manager di Uber, proposta come direttrice dell’Agid. Considerando le caratteristiche della manager e un carrozzone come Agid sarebbe simile a un atto kamikaze. Più probabile, invece, che si opti per figure di rilievo tra i funzionari pubblici con esperienza al confine tra tecnologia e pa: molto forte il nome di Antonio Samaritani, che in Regione Lombardia è direttore dei Sistemi Informativi. Le regioni, peraltro, sembra stavolta vogliano fare lobbying su questo nome, e in questo caso si potrebbe pescare nel tavolo di coordinamento Stato-Regioni per l’agenda digitale.
L’interpellanza del M5S
Mentre si è costretti ad aspettare le decisioni prese nel buio delle stanze ministeriali, il movimento cinque stelle ha depositato alla Camera una interpellanza che ripercorre le ultime vicende di cronaca e in sostanza chiede alla ministra Madia di riferire sulla qualità di questo bando, che la prima firmataria, Mirella Liuzzi, ritiene inadeguato in considerazione degli ultimi fatti e con vizi di forma in quanto a trasparenza. Con un approccio simile a quello della campagna lanciata da PresiperilWeb, l’interpellanza sottolinea come griglie di valutazione e maggiore trasparenza sarebbero state gradite:
L’avviso pubblico per la selezione del direttore di Agid è in difetto almeno delle seguenti informazioni: requisiti per l’ammissione; griglia contenente i criteri oggettivi ed i relativi punteggi per la valutazione dei titoli, l’esperienza dei candidati e la sintetica descrizione delle linee programmatiche (elaborato richiesto dall’avviso pubblico); informazioni in merito alla formazione e approvazione della graduatoria di merito; forma che l’elaborato richiesto dall’avviso pubblico dovrebbe possedere (come, per esempio, il numero di cartelle, il numero delle battute, il formato della pagina, e altro); cause di esclusione dalla selezione; informazioni circa la Commissione esaminatrice; informazioni relative al trattamento dei dati personali forniti; informazioni relative al Responsabile del procedimento; informazioni sulle pari opportunità e su eventuali ricorsi avverso il provvedimento relativo alla procedura selettiva.
La questione trasparenza comunque non impedirà la nomina del direttore dell’Agid, né l’interpellanza troverà risposta prima che venga reso noto. Non essendo urgente, infatti, la Camera non è costretta a calendarizzarla. Si tratta perciò di un contenuto di testimonianza di una sensibilità diversa, che magari potrà anche essere rinfacciata alla prossima occasione, ma che fa parte di tutto quanto è nella storia di questa fase grigia del post Poggiani, prima del successore. Chiunque sarà, avrà a che vedere con problemi decisamente più complessi. Certamente un processo più aperto e inclusivo avrebbe potuto, forse, dare un mandato più forte al nuovo direttore.