Per ricordare il caso ci limitiamo ad un link verso l’articolo di allora: oggi, 3 Febbraio, inizia il processo che vede Google dover rispondere alle accuse dell’associazione ViviDown per il famigerato video portato su YouTube da un gruppo di ragazzi del torinese.
Come ben sottolinea Zambardino, il processo è di fondamentale importanza perché stabilirà una nuova linea di confine, un confine sul quale Google potrà esprimere il proprio potenziale e sul quale l’utenza potrà difendere i propri diritti.
Occorre però far prima piazza pulita dai pregiudizi, perché un processo simile non può essere affrontato se non con totale ragionevolezza delle parti. Per questo motivo, oggi 3 Febbraio, è forse utile partire dal punto di vista dell’accusa, che in un comunicato stampa dello scorso Luglio (pdf) ha voluto sgombrare il campo dalle incomprensioni emerse in seguito alla denuncia originaria.
In seguito all’incriminazione di alcuni dirigenti di Google Italia per la divulgazione di un video caratterizzato da umiliazioni nei confronti di un ragazzo con disabilità, nonché della successiva chiusura delle indagini da parte della Procura milanese, Vivi Down ha ricevuto numerose email che la accusano di voler uccidere la democrazia introducendo la censura all’interno di internet, alle quali si intende risponde di seguito. Vivi Down è conscia dell’importanza sociale di internet, di cui, tra l’altro, si avvale quotidianamente per la propria attività e ne apprezza il ruolo fondamentale di mezzo di comunicazione […] Vivi Down, pertanto, non ha alcun intento censorio nei confronti di Internet, ma agisce nel rispetto dei propri diritti legittimi di parte offesa e danneggiata da un reato, affinché la magistratura accerti definitivamente se la
pubblicazione del video in questione abbia comportato la consumazione di uno o più delitti ben precisamente previsti e disciplinati dal nostro ordinamento penalistico. Perché all’interno di una società democratica la libertà di espressione è sacrosanta quanto lo sono il rispetto delle regole su cui si fonda la convivenza civile e dei diritti del prossimo, specie se debole e indifeso