I touchscreen sono una tecnologia relativamente recente, ma soltanto negli ultimi anni sono riusciti a rappresentare una soluzione utilizzata ampiamente nell’elettronica di consumo. A bordo di smartphone e tablet rappresentano il più delle volte l’unico strumento per l’interazione con l’utente, in altri contesti invece si affiancano a mouse, tastiere e trackpad, come ad esempio nel caso degli Ultrabook di Intel. E proprio Intel vuole fornire una guida per lo sviluppo di interfacce grafiche in grado di adattarsi al meglio agli Ultrabook, risultando facili da utilizzare tanto con le dita quanto con il mouse.
La differente natura dei due paradigmi rende infatti necessario un forte distinguo tra le caratteristiche che rendono usabile un’interfaccia nei due casi: realizzarne una di facile utilizzo con il mouse non implica infatti lo stesso nel caso di utilizzo con le dita, ed è chiaramente valido anche il viceversa. Una stessa finestra, ad esempio, può essere facilmente utilizzata con un mouse ma non essere idonea alle dita a causa di dimensioni non sufficienti degli elementi presenti al suo interno. Sviluppare un’interfaccia da utilizzare con le dita significa quindi anche tenere in considerazione la necessità di concedere i dovuti spazi ai vari elementi che la compongono, rendendoli accessibili mediante i polpastrelli senza creare confusione o problemi all’utente.
Nello specifico, secondo Microsoft le dimensioni minime di un elemento da utilizzare in chiave touch è di 23×23 pixel: qualora tutti gli elementi di un’interfaccia grafica rispettino tale misura, allora è possibile utilizzarla senza particolari problemi. Tali applicazioni ricadono quindi nella definizione di “touchable“, nel senso che possono essere utilizzate mediante touchscreen benché non si sia prestata particolare attenzione all’ottimizzazione. Se le dimensioni passano a 40×40 pixel si può parlare di interfaccia “touch-enabled“, per passare poi a “touch-optimized” qualora sia stato compiuto uno studio relativo alle soluzioni in grado di migliorare al massimo l’esperienza d’uso da parte dell’utente.
Una delle caratteristiche da tenere sempre in considerazione secondo Intel in fase di sviluppo è poi la naturalezza con la quale deve avvenire l’interazione tra utente e dispositivo: il primo deve poter utilizzare il secondo senza particolari conoscenze o allenamenti, utilizzando in maniera intuitiva le proprie dita per accedere ed usare le varie funzioni. Per certi versi, deve essere l’interfaccia stessa a suggerire all’utente le sue modalità d’uso, le operazioni possibili e le opportunità offerte.
Non essendovi poi alcun feedback sensoriale se non il contatto con il display, l’interfaccia deve far comprendere all’utente in maniera semplice ogni operazione eseguita, restituendo quindi un chiaro segnale che una particolare azione è stata effettuata. Nello sviluppo di funzioni legate al touch come ad esempio l’implementazione di gesture, poi, può risultare particolarmente conveniente adeguarsi alle associazioni tra gesti ed operazioni createsi col tempo: associare ad una gesture un’operazione inusuale può infatti causare confusione nell’utente.
Lo sviluppo di interfacce da utilizzare con le dita, insomma, necessita da un lato di sfruttare al massimo le potenzialità offerte da tale strumento di input, dall’altro invece deve adeguarsi ai limiti naturali di tale soluzione. L’impossibilità di conoscere con esattezza il punto di contatto tra le dita ed il display rende infatti necessaria una maggiore tolleranza in termini di dimensioni degli elementi delle interfacce, essendo possibili interazioni involontarie e problemi legati alla minore precisione rispetto al puntatore del mouse. Particolarmente importante è poi il caso dell’inserimento di testo mediante le dita, un’operazione piuttosto frequente nell’utilizzo di dispositivi di elaborazione e per certi versi più complicata rispetto all’inserimento mediante tastiera.