Il CEO di Intel, Bob Swan, è apparso di recente in pubblico, alla conferenza Brainstorm Tech di Fortune ad Aspen, in Colorado, spiegando il futuro prossimo della produzione di chip a 7 nanometri.
Indicando l’obiettivo di perseguire un miglioramento della densità dei transistor, il manager ha ricordato le difficoltà incontrate dalla compagnia già per la produzione degli attuali 14 e 10 nanometri, tale da soddisfare le richieste del mercato. A seguito di ciò, i ritardi per il progetto sul 7 nanometri, che pure dovrebbe concretizzarsi in tempi oramai brevi.
Qualcuno, ironizzando, ha affermato che con Intel, la Legge di Moore è morta (che peraltro, prende il nome dal co-fondatore di Intel ed ex CEO, Gordon Moore), ossia la comprensione del raddoppio della potenza dei transistor ogni 18 mesi non è più valida, essendosi estesa oltremodo su un periodo maggiore. Intel, ovviamente, non è dello stesso parere:
Il fatto di essere in ritardo sull’ultimo punto della Legge di Moore è in qualche modo figlio dell’accelerazione avuta in passato. Più si scala nell’infrastruttura più si raggiungono nuovi traguardi, che non è sempre possibile ottenere in periodi compressi – ha chiosato Swan.
Produrre un ridimensionamento di 2,7 volte inferiore ai 10 nm si è rivelato “molto complicato”, più di quanto previsto da Intel. Ad ogni modo, avremo entro il 2021 i 7 nm, esattamente con il doppio di performance rispetto ai sistemi attuali, dunque la Legge di Moore potrà ripartire.
Come sappiamo, AMD è già nel mood dei 7 nm (tramite TSMC), e potrà vantarsene ancora per un po’. Detto questo, Intel ha a lungo sostenuto che il suo nodo di processo fosse più avanzato rispetto alla concorrenza, anche se è impossibile giudicarlo adesso, in termini di performance, essendo ancora in attesa dei 10 nm.