Il compito di tantissimi sviluppatori, ricercatori e ingegneri è quello di riuscire un giorno a mettere l’Intelligenza Artificiale al servizio dei robot, per “dar vita” a veri e propri autonomi in grado di intendere e di volere. Raggiungere, in un certo senso, una coscienza artificiale.
Per arrivare a un simile livello, tuttavia, non basta che un computer vinca a scacchi contro un essere umano. È vero che gli scacchi sono da sempre associati a intelligenza e grandi doti di pensiero, ma questo non vale per le macchine: a differenza nostra, infatti, una macchina abbastanza potente può calcolare tutte le risposte e le combinazioni per ogni singola posizione sulla scacchiera, e sebbene si tratti di un numero enorme per lo standard umano è comunque finito (e quindi calcolabile).
Come dichiarato da Bruno Siciliano, presidente della Società Internazionale di Robotica e Automazione, “un robot in grado di agire autonomamente è un traguardo ancora lontano“. Tuttavia, ha aggiunto:
Ma è da un pezzo che la cibernetica ha perso l’esclusiva sulle macchine: sistemi robotici e intelligenza artificiale sono adesso materia per le scienze cognitive.
A tal proposito sono nate nuove scienze, tra cui la roboetica, che si occupa delle problematiche legate all’uso delle tecnologie, e la neurobotica, che studia il comportamento umano attraverso l’emulazione delle macchine e macchine i cui processi decisionali siano simili a quelli del cervello umano.
Intelligenza artificiale e robot: a che punto siamo?
Sebbene sia ancora lontano il momento in cui i robot avranno un’intelligenza artificiale decisamente avanzata, l’insieme delle varie scienze e il raggiungimento delle competenze odierne hanno portato in pochi anni ad automi capaci di muoversi in ambienti ostili all’uomo (su altri pianeti, nei fondali marini, tra i vulcani).
Oggigiorno sono disponibili sistemi robotici usati nella riabilitazione motoria, robot antropomorfi che potrebbero essere d’aiuto all’uomo nel viaggio su Marte e nell’esplorazione spaziale più in generale, robot animali impiegati come terapia per alcune disabilità (tipo l’autismo) e persino micro robot che potrebbero un giorno operare all’interno dell’uomo stesso (come le capsule già usate in endoscopia).