Ancora un’ultima riunione per mettere il punto finale alla bozza della Carta dei diritti fondamentali di Internet. La commissione della Camera dei deputati promossa questa estate dalla presidente Laura Boldrini ha già prodotto una versione che entro pochi giorni, dopo l’ok di Stefano Rodotà, verrà votata alla riunione dell’8 ottobre e presentata a metà mese. Il testo si candida a rappresentare per i cittadini italiani che frequentano Internet (più della metà della popolazione) il corrispettivo della Carta Costituzionale.
La Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet ha già tenuto due diverse riunioni, in luglio e settembre, i resoconti delle quali spiegano bene gli obiettivi che il gruppo si è posto: tutelare i diritti fondamentali, di libertà e di riservatezza, salvaguardare la neutralità della rete, gestire con equilibrio l’apertura dei Big Data con i rischi connessi alla loro pubblicazione e condivisione, oltre che sfruttamento. Il gruppo è composto da 24 persone, parlamentari esperti del tema come Paolo Coppola, Antonio Palmieri, Stefano Quintarelli ed altri, insieme a rappresentanti altrettanto autorevoli della società civile, a partire da Luca de Biase, Juan Carlos De Martin e lo stesso Rodotà. Garanzia di un approccio laico all’obiettivo, decisamente delicato, di assumere culturalmente e politicamente la concezione che Internet è una dimensione dell’esistenza.
I tempi dell’approvazione
I tempi dell’approvazione del #BillOfRights sono già stabiliti e coincidono con la fine del semestre europeo. La riunione della prossima settimana chiuderà il testo che verrà messo a disposizione delle osservazioni pubbliche sulla piattaforma civici. Terminato il periodo di consultazione, la Commissione lavorerà alla stesura del testo definitivo che verrà lasciato in dote alla presidenza del Consiglio. Metodo e finalità molto simili a quelli che hanno portato il Brasile alla “Marco Civil” lo scorso aprile, e che rispettano le raccomandazioni del Consiglio di Europa e della Corte di giustizia europea.
Componenti e resoconti della Commissione #Internet per una Carta dei diritti: http://t.co/CI4A5Atyew #BillOfRights pic.twitter.com/vPQENyi4nC
— Camera dei deputati (@Montecitorio) October 2, 2014
Perché è utile? Leggersi Quintarelli
A chi si chiedesse per quale ragione è così importante lavorare a una Carta dei diritti fondamentali su Internet si può raccomandare la lettura del piccolo saggio pubblicato da Stefano Quintarelli. Un testo davvero chiaro e istruttivo sullo stato attuale di Internet rispetto alla concorrenza. Partendo dalla stessa premessa del lavoro della commissione (Internet come dimensione immateriale dell’esistenza, che si pone in continuità e complementarità, non in alternativa, alla dimensione materiale), il neo eletto presidente del comitato di indirizzo dell’Agid spiega perfettamente come nel giro di alcuni anni la neutralità storica di Internet è stata in qualche modo corrotta dalle piattaforme, dai grandi gatekeeper della rete.
Questa situazione, piuttosto recente – non più di 7-8 anni – ha completamente rivoluzionato l’esperienza dell’utente di Internet, alle prese con sistemi chiusi che mirano a trattenerlo, a rigettare sistemi alternativi, a sfruttare in modo inedito il proprio ruolo di gestore della rete che ha impedito fino ad oggi di intervenire con norme regolatorie sul mercato senza fare la figura dei dinosauri.
Concorrenza e diritti (aka. On rights and competition) http://t.co/3yNvp7Jy5y
— Stefano Quintarelli (@quinta) October 2, 2014
Il ripensamento suggerito da Quintarelli è la migliore dimostrazione del perché è necessario, senza tecnofobia né tecnoentusiasmo, ragionare sui diritti dei cittadini rispetto all’infrastruttura e ai suoi servizi. Non è solo questione di fisco, di big data, ma proprio di cosa sta diventando Internet coi suoi protagonisti dominanti: una legge del mercato costruita senza provvedimento ex ante, ma solo ex post, che sanciscono, in ritardo e male, diritti dei consumatori e degli operatori economici.
Un diritto che esisteva di fatto, quale quello di installare qualunque software, non oggetto di regolamentazione, è stato “sottratto” agli utenti ed usato per consolidare, in un tempo assai breve, delle posizioni oligopolistiche nella dimensione immateriale che è la principale interfaccia utente di scambi economici e sociali della dimensione materiale. I produttori di hardware, da abilitatori hanno beneficiato di una mancanza di regolamentazione procompetitiva e pro-utente per divenire rapidissimamente intermediari. Da lì tutto deve passare e loro sono diventati i gatekeeper immateriali della dimensione materiale; coloro che decidono quali servizi e applicazioni favorire, sfavorire o inibire. (…) Se c’è una direzione in cui orientare la riflessione è sugli oligopoli di piattaforma ed applicativi. Non sul ridurre quel poco di regole che ci consentono in Europa di avere una rete fissa generalmente neutrale.