Internet «è un dono di Dio». Parola di Papa Francesco. Se da tempo ormai la Santa Sede ha espresso tutto il proprio favore e la propria curiosità nei confronti del Web, mai prima d’ora il Pontefice aveva espresso una posizione tanto netta nei confronti di un mezzo di comunicazione troppo spesso additato (in modo strumentale) come fucina di odio, di ignoranza o di violenza. Ma il testo va ben oltre e porta avanti una analisi profonda che dalla tecnica sposta il focus sulla natura umana e sulle necessità dell’uomo rispetto alla tecnologia.
L’innovazione come bene, insomma, ma l’innovazione soprattutto come strumento: l’uomo non astragga se stesso dalle proprie responsabilità e ne abbia piena coscienza, perché soltanto così l’innovazione potrà rimanere elemento neutrale al servizio della società e della comunicazione, della crescita e del perseguimento del bene comune.
Un messaggio, quello del Papa, che non si limita quindi ad osannare il Web come nuova grande espressione del Creato: Internet, in qualità di strumento, è in mano al volere ed alle azioni degli uomini i quali, tramite le proprie scelte e la propria coscienza, operano verso il bene e verso il male, a prescindere dalla bontà che uno strumento di grande potenziale come il Web può mettere a disposizione. Se l’obiettivo è una «autentica cultura dell’incontro», quindi, non si può prescindere dal Web: lo strumento più potente mai utilizzato dall’uomo per comunicare deve necessariamente essere al centro della riflessione della società e della religione, poiché la comunicazione è la natura prima di ogni relazione sociale.
Internet, dono di Dio
Domenica 1 giugno sarà la 48esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il messaggio diramato dal Papa è pensato per questa specifica occasione ed esordisce ricordando come il mondo stia diventando sempre più piccolo, il che mette nelle mani dei media un potere sempre maggiore ed una responsabilità sempre più grande:
In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. Comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. I muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell’incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio.
Non è però tutto oro quel che luccica, ed in questo passaggio la Santa Sede dimostra un punto di vista estremamente maturo sull’oggetto della discussione: «la velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta», il che richiede pertanto una consapevolezza adeguata da parte dei singoli per far sì che il rapporto con lo strumento non sia tale da soggiogare le coscienze al caos. Ma soprattutto: «La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici. L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino». Il problema è noto da tempo, ormai: se non si nutre il senso critico e autocritico dei singoli, si rischia di osservare miliardi di persone che coltivano attorno a sé community di comodo, cementate dai soli interessi della persona. La persona racchiude pertanto se stessa all’interno di una proiezione di se stessa, il che va esattamente al contrario di quel che uno strumento universale come la Rete potrebbe far pensare.
Il tutto, ovviamente, senza considerare quanto importante venga ad essere l’accesso stesso allo strumento: il digital divide (culturale, economico o tecnico che sia) è di fatto la prima causa di esclusione poiché pone alcuni ostacoli a monte dell’accesso al canale nel quale le informazioni e le relazioni fluiscono.
Il valore della lentezza
Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica. Dunque, che cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in umanità e nella comprensione reciproca? Ad esempio, dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma.
In queste parole sembra trascendere un pensiero filosofico e religioso, ma anche più direttamente quanto discusso probabilmente in un recente dialogo tra Papa Francesco e Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, il quale ha fatto della lentezza un vero dogma del proprio movimento. Per troppi anni, infatti, “lentezza” è stato descritto come l’opposto di “efficienza”. Ora secondo Papa Francesco è venuto il momento di recuperare i tempi del ritmo umano, riconsegnando così la mente alla riflessione ed all’approfondimento, alla conoscenza di sé e del prossimo. Calma e lentezza sono le nuove basi su cui un Cristiano deve ricostruire la propria vita, perché da qui tutto si può discernere:
Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell’uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri
I media e la parabola del buon samaritano
Nel proprio messaggio, Papa Francesco ha adoperato la parabola del buon samaritano come metafora emblematica di quel che il mondo dei media può oggi rappresentare. «Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola. In lui il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo, ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza». Un medium che comunica soltanto ai fini della manipolazione diventa pertanto strumento di un qualcosa e non soggetto attivo, perdendo pertanto gran parte delle proprie peculiarità e del proprio potere. Per questo il Papa vede nei media una neutralità soltanto apparente: se il comunicatore non si mette in gioco, il medium è deviato da meccanismi terzi e distorce l’intero processo.
L’invito è dunque rivolto a chi comunica, a chi lavora sui media, a chi usa la rete ed a chi intende capirla fino in fondo:
Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane.
Per questo motivo il Papa invita espressamente la Chiesa a scendere per le strade, anche le strade digitali, per incontrare la gente e portare avanti il verbo del proprio credo. La testimonianza della Chiesa deve essere aperta sempre e comunque, anche ai nuovi media, anche ai nuovi linguaggi, anche al mondo digitale. Ed è su questo invito che il messaggio raggiunge la sua espressione più vera e forte, nel quale Papa Francesco chiede alla Chiesa di farsi esempio prima di farsi messaggio: «La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri “attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana”».
Nessun timore dell’ambiente digitale
La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l’allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale. È importante l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio.