La prossima settimana Pisa verrà invasa da decine di migliaia di persone, che la trasformeranno nel centro del mondo internettiano italiano. Per quattro giorni la città del CRN, della Normale e di Sant’Anna sarà anche la città di installazioni tech, relatori internazionali, startup e incubatori: inizia l’Internet Festival 2013. A capo di tutto il giornalista Claudio Giua, che racconta a Webnews questa terza edizione del festival.
L’Internet Festival 2013 ha dimensioni ed ambizioni molto alte. Lo si capisce subito dai contenuti: un programma ricchissimo di eventi (tutti gratuiti ed aperti al pubblico, alcuni dei quali anche in diretta streaming direttamente sulle pagine di Webnews) dove il visitatore ha la possibilità di costruire il proprio percorso a seconda dei propri specifici interessi, incasellando i diversi eventi in una timeline personalizzata. È impossibile infatti seguire tutto quanto offerto dal festival, perché molti eventi saranno in contemporanea ed in luoghi diversi della città, divisi secondo precise aree tematiche.
Intervista a Claudio Giua
Claudio Giua direttore dell’Internet Festival…
«Già, come ci sono finito? La risposta è semplice: in qualità di presidente della Fondazione Sistema Toscana ci occupiamo di due settori: il cinema e il digitale. Sul cinema organizziamo e promuoviamo eventi come la Cinquanta giorni di Firenze, nell’ambito turistico siamo nel B.T.O. Quando si è pensato a un evento che si occupasse del digitale, ne ho assunto la direzione. Ma è importante sottolineare subito che l’IF è davvero un evento nato dalla collaborazione, volontaria, di tante persone, di tante energie».
L’Internet Festival di Pisa è diverso dai tanti eventi dedicati alla Rete che ormai circolano per il paese. Nel vostro caso ricorda quelli già consolidati, molto identitari: letteratura a Mantova, filosofia a Modena. Vi siete ispirati a questi modelli?
«Certamente sono esperienze di riferimento. Anche l’#IF13 di Pisa è sparso in vari luoghi della città, dura diversi giorni, vuole diventare il festival di Internet che una volta l’anno, regolarmente, si svolge in città attraendo molte persone. Con una precisazione importante: questo festival è totalmente no-profit e non potrebbe non esserlo, dato che i suoi organizzatori sono tutti istituzionali».
Come si potrebbe definire questa terza edizione?
«Quella della stabilizzazione. La prima edizione è stata in realtà molto sperimentale, tutta a capo dell’università. Con l’edizione 2012 il festival ha assunto la sua forma attuale, dunque considero quella 2013 l’edizione fondamentale per capire davvero dove può arrivare».
L’anno scorso fu ideata la tripartizione Citizen / Makers / Tellers, confermata quest’anno: sarà un fattore costante del festival?
«Ci è parso interessante distinguere queste fasi del rapporto con la Rete. In Rete c’è il fruitore semplice, chi vi opera, e nell’ambito dell’Internet of things, delle smart cities, dell’e-commerce, c’è il cittadino al centro di molteplici attenzioni e servizi. Tuttavia è probabile che l’anno prossimo non manterremo queste aree tematiche. Bisogna saper cambiare, andare in nuove direzioni».
Quest’anno si parlerà molto di startup, c’è anche un ItCupDay all’interno del festival, con un focus locale. Esiste un modello toscano delle startup?
«Certamente Pisa in particolare, grazie alla forte presenza universitaria, ha una storia piuttosto lunga di nuove imprese innovative, anche prima che fosse coniato il termine startup, di idee che hanno avuto ricadute positive sulle aziende. Quello che cerchiamo di fare è dare occasioni, con pitch e incontri tra aziende e startup, e anche incontri sul tema. D’altra parte che l’ambiente sia in pieno sviluppo è evidente, basti pensare al lavoro di un acceleratore come Nana Bianca a Firenze».
La Lombardia ha prevedibilmente il numero record di startup registrate, mentre la Toscana assomiglia più al Piemonte: anche in quel caso la maggior parte delle startup sono nate e nascono in ambito universitario, al Politecnico.
«È esattamente così. Anche per questo il festival di Pisa tiene molto agli startupper, i giovani innovatori. È una città piccola, ma abituata ad ospitare per tempi lunghi o brevi questo tipo di pubblico, ha una stanzialità di giovani provenienti da fuori ed è un vantaggio».
Esiste poi l’altro pubblico, quello del fair use, e la cittadinanza di Pisa. Come si fanno dialogare, evitando che la città “tolleri” il festival?
«L’esperienza che l’anno scorso ci ha sorpresi di più è stato il T-Tour. L’Internet Festival ha la sua quota di momenti specialistici, ma anche appuntamenti didattici, perfetti per le persone in età più avanzata, ad esempio, e di eventi collaterali che piacciono molto. Così facendo l’integrazione tra i pubblici è stato un successo e da lì la convivenza partecipe di tutta la città. Inoltre credo sia straordinaria la possibilità di vedere luoghi che sono patrimonio comune della città, ma che non si possono vedere quasi mai: penso al Laboratorio della Normale».
A Pisa si parlerà molto di Rete, ma quanta Rete ci sarà al festival?
«Fornire sufficiente connessione a tutti i partecipanti è impresa ardua. A Pisa ci sono in sostanza due reti: quella civica e quella universitaria. Il festival adotterà tramite sovra-struttura le migliori risorse di entrambe. Potrò esprimermi soltanto a festival iniziato, ma la copertura dovrebbe essere buona».
Obiettivi a una settimana dall’avvio?
«Vogliamo superare se possibile i numeri già eccezionali dell’anno scorso. Ci aspettiamo circa 60 mila persone».