In questa edizione dell’Internet Festival si è parlato molto di startup: la competition dell’IT Cup, quella della Regione Toscana, i pitch sparsi per tutta la manifestazione. Il momento sicuramente più istituzionale e che certamente rappresenta un lascito è la presentazione di un Libro Bianco per le startup, una proposta in otto punti indirizzata direttamente al governo italiano per dare nuovo vigore al sistema dell’innovazione e per promuovere un’azione politica mirata a favore delle startup digitali e delle loro potenzialità. Firmata da Digital Magics e il suo presidente Enrico Gasperini, segna in pratica la seconda fase dopo la legge del 2012.
Il Libro Bianco (pdf) è stato presentato ufficialmente da Enrico Gasperini, Fondatore e Presidente di Digital Magics e Layla Pavone, partner di Digital Magics, all’interno dell’Internet Festival 2015 nel panel di discussione Supernova organizzato insieme a Talent Garden. Nella discussione moderata da Luca De Biase, sono intervenuti commentando il documento Paolo Barberis, consigliere per l’Innovazione di palazzo Chigi, Vincenza Bruno Bossio, componente della Commissione Trasporti e Telecomunicazioni e dell’Intergruppo Parlamentare per l’Innovazione, Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup.
La fatica
Questa è la parola più usata da Gasperini. Fatica delle startup a trovare finanziamenti, fatica del pubblico a non sbilanciare il sistema dei fondi, con 240 milioni di euro contro i 100 milioni di equity. Per lanciare una pietra prima che ci sia una brutta sorpresa, ecco le proposte del venture incubator milanese quotato in Borsa.
Abbiamo riassunto i punti che secondo noi possono accelerare, fare di più per collegare imprese e startup innovative secondo l’open innovation. Per noi una nuova campagna di “advocacy”. L’obiettivo è stimolare tutto ciò che favorisce l’ecosistema, con cose nuove oppure migliorando cose esistenti, come la legge sul crowdfunding, che non funziona. Dobbiamo trovare il modo di investire piccole liquidità nelle startup, oltre il debito pubblico. Le risorse sono in casa, ma non le sappiamo utilizzare. Per questo è indispensabile creare fondi dedicati con veri vantaggi per chi ci mette i soldi.
Le otto proposte
Il libro bianco propone otto idee per dare impulso all’ecosistema, che toccano gli ambiti fiscali, burocratici, regolamentari, finanziari. Ciascuno di essi è in un certo senso una presa d’atto di ciò che ancora manca oppure una soluzione a un problema emerso negli ultimi due anni, quando la legge sulle startup a regime ha esaurito le sue possibilità e si è compreso che l’Italia è ancora troppo lontana dai volumi di investimento di altri paesi concorrenti (sulle startup i territori sono in competizione, devono sentire di esserlo, altrimenti è finita). Non c’è infatti indice di qualunque ranking startup in cui l’Italia si avvicini ai migliori. Alla stesura del documento – aperto a ulteriori contributi, scrivendo a whitepaper@digitalmagics.com – hanno collaborato diverse aziende e professionisti partner di Digital Magics: Cattaneo Zanetto & Co., DLA Piper, Electa Group, Intermonte, SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali, Integrae SIM, Talent Garden, Tamburi Investment Partners e Giovanni De Caro.
- AGEVOLAZIONI FISCALI PER LE STARTUP
Il documento propone la revisione del credito d’imposta Irpef dal 19% (notoriamente troppo basso, uno dei punti più criticati del lavoro pur generoso del MISE), fino al 30-40% per investimenti in startup innovative, applicando anche in Italia quanto previsto dal modello anglosassone. Agevolazioni fiscali per i soggetti dell’imposta sul reddito delle società (Ires), estendendone la deducibilità al 30%. - STARTUP: VEICOLO DI OPEN INNOVATION PER LE PMI
Introduzione di facilitazioni fiscali per PMI per attività di Open Innovation (acquisto di prodotti/servizi da startup innovative per l’innovazione interna dell’impresa) e rimozione di obblighi di spese amministrative da parte di nuove startup. - POTENZIARE IL CROWDFUNDING
Revisione del regolamento Consob sull’equity crowdfunding per rivedere al rialzo le soglie di non applicazione di obblighi relativi a Direttiva MiFID, rimuovere il vincolo di sottoscrizione da parte delle banche del 5%, prevedendo un modulo unico di profilazione MiFID. - GLI INVESTIMENTI DEGLI OICR IN INNOVAZIONE
Rimozione limiti normativi e previsione di incentivi per gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) per le società di gestione del risparmio (SGR) in investimenti diretti o indiretti in startup. - L’INDUSTRIA DEL RISPARMIO E LE STARTUP
Creazione di Fondi di tipo aperto per garantire la raccolta, tramite investimenti, di almeno un miliardo di euro derivanti dall’industria del risparmio verso le startup. - FONDO DI MATCHING PER SEED CAPITAL
Modello israeliano: matching diretto con la creazione di un Fondo con Cassa Depositi e Prestiti, coinvolgendo player industriali italiani, investitori istituzionali e investitori qualificati che co-investano con il Fondo in fase seed (fino a un milione di euro), con possibilità di effettuare operazioni successive fino a 1,5 milioni. - ACCELERARE L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE STARTUP ITALIANE
Non si fa abbastanza squadra. Nonostante un grande capitale umano in Italia ci si integra poco e si lasciano scappare le startup. Si potrebbe creare un Italian Founders Institute, con esperti internazionali, per la promozione attiva del Made in Italy attraverso programmi di accelerazione, e applicazione di agevolazioni per il rimpatrio di personale qualificato dall’estero, garantendo benefici sia ai lavoratori che alle imprese. - FINANZIAMENTO REGIONALE
Ci sono buoni esempi di fondi in house, come la Toscana, ma anche l’Abruzzo, il Lazio, la Basilicata. Questi esempi andrebbero armonizzati, così che le regole di ingaggio dei fondi regionali diventino sistemiche e nazionali. «La Silicon Valley italiana sia l’Italia», spiega Gasperini.
Il miliardo
Si parla molto della dimensione decuplicata degli investimenti che sogna Marco Bicocchi Pichi e che viene citata nel libro bianco: 1 miliardo di euro di investimenti complessivi nelle neo imprese. Possibile o soltanto una provocazione? Gli otto punti del libro bianco non hanno precisamente questo obiettivo, ma lo scopo è renderlo possibile, cioè un volano perché anche tutto il resto vada nella stessa direzione. Il panel della giornata a Pisa è stato particolarmente brillante e seguito. Sembra che i numeri non particolarmente incoraggianti dell’ecosistema siano diventati secondari rispetto alla netta sensazione che la ruota gira, che c’è consapevolezza di quello che bisogna fare.
.@MBP1961 interviene a #Supernova. #IF2015 pic.twitter.com/ijMl8xnJsC
— Open Toscana (@opentoscana) October 10, 2015
Presidente Pichi, da dove viene questa idea del miliardo?
È un benchmark rispetto a nazioni simili, ma è una cifra evocativa, che non ci basterebbe in ogni caso e che sarebbe facile da fallire. Eppure rispetto al contesto italiano è una cifra piccola se si considerano i mille miliardi del patrimonio privato: il 5%, che sarebbe un investimento prudenziale sarebbero 50 miliardi, cioè 10 miliardi l’anno in cinque anni che vengono ruotati, poi ci sono le exit. L’auspicio di Italia Startup è un decimo.
Lei usa la metafora delle riserve petrolifere: sappiamo che ci sono…
Ma non abbiamo la tecnologia per prelevarle. Esattamente. L’incentivo fiscale è una di quelle tecnologie, trivella per tirare fuori le riserve dai pozzi. Attenzione, non per far guadagnare pochi investitori o imprenditori, ma per rinnovare l’apparato produttivo di questo paese. Dobbiamo ricordarci che quello delle startup è un settore industriale, che realizza tre prodotti: uno molto raro, le nuove imprese che crescono, poi aziende da acquisire, che rinnovano dall’interno le aziende esistenti più grandi che faticano a cambiare velocemente e a mettere in discussione i loro modelli, e infine quella che io definisco materia prima-seconda, troppo trascurata.
Sarebbe?
Gli startupper falliti. Imprenditori che hanno attraversato diversi periodi, fatto esperienze, affrontato grandi difficoltà e sono formati per essere nuovi manager e imprenditori generalmente migliori dell’aspirante Ceo appena laureato.
Il documento di Digital Magics serve?
Serve tutto ciò che porta sempre una discussione basata sul “cosa fare”. Noi come associazione abbiamo adesso la sfida di costruire un documento più strutturale, che però non possiamo scrivere da soli. Dobbiamo portare una relazione di impatto economico sul tavolo del Ministero di economia e finanza.
Semplificando brutalmente: dal MISE, alleato storico dell’ecosistema, al famigerato MEF, dove davvero si parla di soldi. Ma sicuri di superare ogni problema di statalismo secondo le norme europee sulla concorrenza?
Guardi, se Londra è Europa, lo siamo tutti.
Ne ha parlato anche De Biase nella sua moderazione all’incontro: andare al ministero senza sentirci un costo, bensì un investimento. Come?
A mio avviso in un modo soltanto: la rappresentazione di un’analisi corretta e precisa dell’effetto positivo della mobilizzazione di queste risorse. Gli incentivi non devono essere pensati né colti come una spesa, ma come un modo per raccogliere maggiori fondi in futuro. Purtroppo la politica fiscale è una delle poche cose che non sono armonizzate a livello europeo, e se l’Italia è più indietro non vedo come non si possa pensare fare più degli altri paesi, che usano e bene questa leva di arbitraggio competitivo.
Cosa dovrebbe avere l’ecosistema nel suo rapporto con la politica economica governativa?
I più avanzati player dovrebbero diventare interlocutori attivi. Un po’ come la Camera della moda, ci vorrebbe una Camera dell’Innovazione che dica quali sono le sfide di mercato, i trend, definisca molto velocemente i problemi maggiori delle aziende così da informare bene la politica economica. Bisogna saper dire al MEF quale maxi progetto ci vuole per fare quelle poche cose sane dell’impresa: aumentare i ricavi, ridurre i costi, essere competitivi, produrre ricchezza, distribuirla, fare affidamento alle persone che lavorano per te come primi clienti e anche come primi beneficiari di quello che hai creato.