Mike Smith, australiano, numero uno del Counter Terrorism Executive Directorate (CTED) dell’Onu a New York: il suo ruolo è quello di vigilare sulla lotta al terrorismo e la sua posizione è nata nel momento in cui gli attentati dell’11 settembre avevano reso chiaro a tutti l’inizio di un nuovo periodo di disordini internazionali. Mike Smith, ora, lancia l’allarme: Internet ha sconquassato i piani della sua agenzia e le strategie oppositive vanno ora riconsiderate alla luce dell’imporsi dello strumento in tutto il mondo.
Così Reuters riporta le sue parole: «Internet è una preoccupazione reale e penso che non abbiamo ancora trovato la risposta […] Tempo fa gli estremisti dovevano attraversare confini per organizzarsi e attaccare […] Oggi invece possono fare un sacco di cose con Internet, possono dare istruzioni, coordinarsi, reclutare attraverso i siti Web della jihad». Quello che è cambiato, dunque, è proprio il modo in cui le cellule terroristiche si muovono e comunicano: i tempi son diventati istantanei e le reazioni delle pachidermiche istituzioni di controllo sono troppo lente e troppo poco elastiche per poter monitorare efficacemente il nemico. Per questo Internet è un pericolo: è un’arma libera nelle mani di tutti, e c’è chi può trarne grandi vantaggi anche nel mondo dei terroristi.
Il discorso di Smith non sembra inserirsi nel solito canovaccio del monito contro il web come fonte del male: Internet è visto come un semplice strumento e da ogni parola traspare semplicemente la necessità di creare nuove strategie di monitoraggio per andare a fermare chi del web fa uso pericoloso e malintenzionato. Secondo Smith, semplicemente, occorre capire la nuova realtà ed adeguarsi: «le persone devono essere consapevoli, le comunità devono esserlo, chi gestisce un Internet cafè deve prendere delle misure e prepararsi a collaborare con le autorità se segnalano che c’è qualcosa di cui preoccuparsi […] Penso che la nostra risposta a Internet… sarà una serie di strategie che forniranno una sorta di difesa del perimetro».
Le parole di Smith sembrano arrivare a preludio di una qualche nuova iniziativa di controllo del web: la «difesa del perimetro» non è stata ben identificata, ma difficilmente è possibile interpretarla solo con l’informazione e la consapevolezza. In passato il terrorismo è già stato additato da molti come una sorta di appiglio su cui gli USA hanno fatto leva per creare strategie di controllo che oltre ai terroristi hanno permesso di tenere sott’occhio anche la stessa popolazione. L’ombra del Big Brother, da quel giorno del 2001, ha sembre gravato su ogni iniziativa istituzionale di prevenzione. Le parole di Smith, pur provenendo da un ente internazionale e pur non indicando interventi concreti, non faranno probabilmente eccezione.