Riusciranno i nostri eroi a far decollare finalmente la internet mobile? La
sfida è ardua, ma Microsoft, Nokia, Samsung, Vodafone, T-Mobile e le altre
aziende che hanno ottenuto dall’ICANN l’approvazione per il domino di primo
livello .mobi pensano di aver trovato la chiave per il successo. La notizia,
infatti, è che a partire dalla prossima estate potremmo vedere i primi
siti ottimizzati per la fruizione con dispositivi mobili raggiungibili attraverso
un dominio ad hoc, .mobi appunto. A gestire tecnicamente il nuovo dominio sarà
un’organizzazione che raggruppa le varie aziende proponenti: si chiamerà
MTLD Top Level Domain e avrà sede a Dublino.
Il percorso che ha portato alla nascita di .mobi inizia più o meno un
anno fa e nasce da una constatazione di fondo: la fruizione di internet da cellulari,
smart phone e palmari stenta ad affermarsi. I motivi? Difficoltà di adattare
i contenuti esistenti a dispositivi con caratteristiche ben diverse da quelle
di un PC; costi elevati per le connessioni; mancanza di contenuti e servizi in
grado di far presa sui potenziali utenti. Il paradosso maggiore, come evidenziato
anche da Rick Fant, portavoce di MTLD, è che mentre cresce la disponibilità
di browser mobili di buon livello, diminuisce il numero di utenti. Almeno per
il mercato americano, il dato è confermato
da una recente ricerca di M:Metrics.
La soluzione legata al dominio .mobi prevede dei vincoli tecnici molto stretti.
Per ottenerlo il dominio, bisognerà approntare siti che rispettino precise
specifiche e che siano pertanto fruibili da dispositivi mobili. MTLD ha annunciato
la distribuzione di manuali, guide di stile ed esempi di codice a cui gli sviluppatori
potranno fare riferimento.
E qui si tocca il punto più controverso. L’adozione di un dominio ad
hoc rischia di fatto di portare ad una frammentazione del web: da una parte
i siti ‘tradizionali’, dall’altra quelli per il mobile. Da una parte, per fare
un esempio, html.it, dall’altra un html.mobi. È una modalità
di distribuzione dei contenuti da sempre contestata dal W3C e dal suo fondatore,
Tim Berners Lee. Quando venne fuori la proposta per .mobi, il padre del web aveva
fatto sentire la sua voce, criticandola
aspramente. A parte i complessi aspetti legati alla gestione del DNS e degli
indirizzi IP, Berners Lee ha giustamente insistito su un principio da lui tante
volte ribadito: l’universalità del web. Universalità significa
anche che un sito possa essere fruito indistintamente con qualunque dispositivo.
Da anni è infatti attivo presso il W3C un gruppo di lavoro dedicato alla
cosiddetta Device Indipendence
(indipendenza dal dispositivo). Il suo obiettivo primario è quello
di divulgare e discutere tutte le soluzioni in grado di impedire la frammentazione
del web, ovvero la creazione di tante ‘isole’ accessibili solo con specifici strumenti
hardware o software. Quello che gli sviluppatori dovrebbero fare, insomma, è
realizzare siti ‘adattabili’ a questa varietà di dispositivi e non creare
una sorta di web parallelo. La storia insegna, del resto, che la creazione di
siti a doppia versione non è stata affatto digerita da chi distribuisce
contenuti su internet, soprattutto per ragioni economiche. È lecito dubitare
sul fatto che il dominio .mobi possa invertire questa tendenza .
Il problema di fondo, comunque, quello per cui l’approvazione di .mobi sembra
più che altro un palliativo, è che oggi, con le strategie adottate
soprattutto dagli operatori, l’internet mobile sembra non rappresentare un’attrattiva
per gli utenti. Più che di repliche di siti, ci sarebbe bisogno di nuovi
servizi, adatti alla mobilità, in grado di soddisfare bisogni ed esigenze
dell’utente in movimento. Ma per questo non serve l’adozione di nuovi domini,
piuttosto un po’ di fantasia.