Non è difficile imbattersi in siti Web che risultano momentaneamente (e misteriosamente) irraggiungibili. Forse in quel momento il sito è semplicemente offline oppure può essere colpa di qualche problema legato al server che lo ospita. Ma potrebbe esserci un’altra spiegazione: i dati che stavano viaggiando dal nostro computer al server di destinazione (perfettamente funzionante) per accedere al nostro portale preferito (anch’esso perfettamente funzionante) sono stati ingoiati da un ‘buco nero’. Allo scopo di studiare tale inquietante fenomeno, alcuni ricercatori dell’Università di Washington hanno messo a punto Hubble, un sistema che dal 17 settembre del 2007 monitorizza la grande rete alla ricerca dei suoi punti deboli.
«Si crede normalmente che basti avere una connessione ad Internet funzionante per poter avere accesso a tutta la rete», ha dichiarato Ethan Katz-Bassett, studente di computer science e engineering all’università di Washington, «ma noi abbiamo scoperto che non è proprio così». Alle volte infatti i messaggi inviati tra due computer si perdono per strada nonostante il percorso tra i due sia chiaro e identificabile. Humble controlla costantemente il traffico Internet ogni quarto d’ora alla ricerca dei punti deboli ove i messaggi si bloccano per almeno 15 minuti. Da quando è in funzione, Humble ha identificato ben 884.224 buchi neri e problemi correlati alla raggiungibilità.
Il sistema invia alcuni messaggi di test in tutto il mondo alla ricerca di quei computer che non risultano raggiunti dall’intera rete ma solamente parzialmente, una situazione descritta come “raggiungibilità parziale“. Se i prefissi contattati risultano irraggiungibili per almeno 15 minuti consecutivi, allora vendono identificati come problematici. Secondo i ricercatori, più del 7% dei computer di tutto il mondo hanno riportato simili problematiche almeno una volta nel corso di un test condotto per tre settimane nell’autunno del 2007. «Quando abbiamo iniziato il progetto non ci aspettavamo così tanti problemi», ha dichiarato Arvind Krishnamurthy, ricercatore di computer science e engineering all’università di Washington, «siamo molto stupiti dei risultati ottenuti».
Hubble, il cui nome deriva dal telescopio spaziale Hubble in orbita attorno alla terra, sarà presentato la prossima settimana a San Francisco nel corso dell’Usenix Symposium.