Cosa si intende fare per attuare l’agenda digitale? E quale ruolo avrà l’Agenzia (Agid)? A seguito di queste domande molti vorrebbero ascoltare risposte chiare, anche da parte della politica. Se ne è parlato ieri a Montecitorio per l’interrogazione del Movimento Cinque Stelle che ha ripreso tutta la vicenda puntando a sapere cosa accadrà nelle prossime, determinanti settimane, quando inizierà il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea e si conoscerà il volto del nuovo direttore dell’Agid.
L’interpellanza urgente del M5S (lettera A), firmata anche da Mirella Liuzzi, membro della commissione trasporti e capogruppo alla Camera, parte da alcune premesse statistiche: i dati resi noti dall’Agenda digitale europea sullo stato di attuazione degli obiettivi; il confronto con il quadro italiano («sconfortante in relazione ai principali indicatori analizzati»), che per i firmatari è occasione di puntualizzare come le penetrazione della banda larga nel paese sia ancora lontana dalla media continentale. Solo il 21 per cento delle abitazioni italiane è raggiunto da una rete di accesso veloce ad Internet (almeno a 30 megabit per secondo) a fronte di una media europea del 62 per cento.
Le domande
La domanda conclusiva dell’interpellanza richiama le ultime puntate della telenovela Agid, il punto devole di un’agenda di cui si è parlato molto per due anni, anche se purtroppo si è fatto poco:
Nel quadro tracciato al di là degli annunci, fatti a più riprese, di voler fare dell’innovazione e del completamento dell’Agenda digitale italiana un traino per lo sviluppo del sistema Paese nel suo complesso, il Governo in carica ha percorso le strade, ad avviso degli interpellanti fallimentari, già percorse dai propri predecessori come emerge dal Documento di economia e finanza, nel quale non si prevede di destinare risorse sufficienti per il completamento dell’Agenda digitale italiana, o dalla recente delega sull’Agenda digitale italiana attribuita al Ministro interpellato, che testimonia come, ancora una volta, si intende sviluppare l’Agenda digitale italiana solo facendo riferimento a una digitalizzazione, ancora lontanissima, della pubblica amministrazione italiana.
Quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, anche in vista del prossimo semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, per assicurare una più rapida attuazione dell’Agenda digitale italiana in modo da colmare il gap di sviluppo rispetto agli altri Paesi europei testimoniato dai dati diffusi di recente dalla Commissione europea?
L’intervento della Liuzzi e la risposta del ministro Madia
L’intervento di Mirella Liuzzi (vedi) è certamente stato molto franco: secondo la deputata cinquestelle il governo Renzi non avrebbe mai dovuto definire un “successo” il piano di bando larga e i parziali risultati della cabina di regia, quando gli stessi dati del piano Caio e della Commissione Europea smentiscono questo giudizio.
L’agenda digitale non è solo riforma della Pubblica amministrazione, ci vuole un piano globale, si parla di infrastrutture. Fuori da queste aule c’è un paese che aspetta degli interventi, che non sono soltanto le riforme, ma le risorse per attuare un’agenda digitale che può rappresentare un’occasione di rilancio economico. (…) Noi siamo qui a dimostrare la nostra disponibilità per aiutare il paese a fare dell’innovazione. Per questo vorremmo un piano strategico, dei fatti.
Il ministro Marianna Madia ha sottolineato nella sua risposta il punto di vista di Palazzo Chigi: giusto avere una visione strategica e andare oltre gli adempimenti come fatturazione elettronica e anagrafe digitale, ma è importante dopo tanta attesa l’attuazione concreta degli obiettivi ancora rimasti al palo. Confermato anche l’impegno a nominare il prossimo direttore generale dell’Agid:
Come governo vogliamo dare un forte impulso alle misure di attuazione, andando ad attuare anche quello programmato in passato e se possibile anticipando i tempi, come con la scadenza per la fatturazione elettronica. (…) Non vogliamo affrontare l’agenda solo con una visione strategica, se pur importantissima, ma seguendo l’attuazione dei provvedimenti. Abbiamo lavorato alla semplificazione della governance col decreto 90, perché non potevamo proseguire con la figura di un commissario, che rischiava di essere una figura che complicava e bloccava la concreta attuazione dell’agenda. Ci impegniamo prima di Digital Venice a nominare il prossimo direttore generale dell’Agid.
La provocazione della Liuzzi: ci vorrebbe un ministro
Mirella Liuzzi non è soddisfatta. Attualmente l’impegno del governo sono gli adempimenti arretrati, la p.a. e gli eventi come il Digital Venice, mentre lo spirito dell’interpellanza era sollevare un dibattito più ampio.
Le difficoltà in cui versa il governo Renzi a proposito dell’agenda e dell’Agid sono imputabili ad altre scelte e al passato, in cosa l’attuale governo dovrebbe essere diverso?
C’è un problema alla base, quando si è nominata il ministro Madia alla supervisione dell’agenda.
Sarebbe stato meglio il famoso sottosegretario?
Probabilmente sì, avrebbe dato una visione globale, mentre il ministro Madia si concentra sulla pubblica amministrazione, d’altra parte è questo il suo ambito. Ma dirò di più: forse avrebbe più senso un ministro apposito.
Addirittura un ministro al digitale?
No, intendo alle telecomunicazioni. In fondo, è paradossale che l’Italia ha avuto ministri alle telecomunicazioni quando neppure c’era la Rete e in fasi storiche assai meno complesse di quella attuale. Ora che ci sarebbe più bisogno di un titolare alle telecomunicazioni – non c’è più soltanto la televisione – non abbiamo un ministro e passiamo da commissari a specialisti, consulenti, bandi per direttori di agenzie, con una grande confusione e poca trasparenza.