Nella giornata di ieri Microsoft ha messo a disposizione una sala della sua sede milanese per un test approfondito di Halo: Reach. Nell’occasione, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Andrea Giolito, Product Marketing Manager Xbox Games & Accessory, per capire quali sono le novità introdotte da questo nuovo capitolo della saga, che direzioni prenderà il settore degli FPS e molto, molto altro ancora… Per la recensione restate sintonizzati. Non manca molto!
GN: Manca ormai una sola settimana all’esordio di Halo: Reach. Cosa si devono aspettare i giocatori da questo titolo e, in particolare, cosa saprà offrire all’interno di un genere caratterizzato da una proposta già tanto ampia come quello degli sparatutto in soggettiva?
AG: Innanzitutto bisogna considerare il fatto che Bungie è stata la prima a portare gli sparatutto su console. In precedenza c’erano stati numerosi tentativi, con giochi del calibro di Doom o Quake, ma senza i risultati sperati. Bungie è riuscita, non solo a realizzare un titolo convincente per console, ma anche ad adattare il sistema di controllo rendendolo intuitivo. L’accoppiata mouse e tastiera, ancora oggi, è più precisa in alcune situazioni, ma l’impresa di questa software house è stata proprio quella di sdoganare il genere FPS su console.
Bungie si è occupata dello sviluppo dei primi tre Halo, mentre per gli spin-off successivi si è optato per la formula dell’outsourcing. Reach segna dunque il loro ritorno. Questo è per far capire che un appassionato di Halo o degli FPS in generale, in grado di capire le potenzialità di un team con alle spalle una simile esperienza, saprà cogliere tutta la qualità già apprezzata nei precedenti Halo in questa nuova produzione. Non è un semplice tentativo di sfruttare il franchise.
Bisogna, inoltre, specificare che, chi segue da sempre la saga, vuole sapere cosa è successo all’inizio. Combat Evolved inizia con la Pillar of Autumn e Master Chief che viene svegliato dal suo stato di ibernazione criogenica. A meno che non si siano letti i romanzi, La caduta di Reach in particolare, si ignora quanto è successo prima.
GN: Quindi è per questo che si è optato per proporre un prequel?
AG: C’è da dire che è una cosa che sta diventando di moda, come dimostrano alcuni giochi recenti. Poi va considerato che la storia di Halo si è esaurita con la terza uscita e un Halo 4 in questo momento avrebbe poco senso. È molto più interessante capire cosa sia successo prima, non attraverso un semplice spin-off, ma con un progetto nuovamente curato da Bungie, in cui si viene a sapere in dettaglio cos’è un team di Spartan (in questo caso la squadra Noble), come sono arrivati i Covenant, cos’è Reach e perché è stato scelto come luogo per l’addestramento. In conclusione, per gli appassionati di vecchia data è l’occasione migliore per sapere cosa c’è alle origini della serie.
Gli altri giocatori di FPS, in particolare gli hardcore gamer sempre attenti alle potenzialità dei motori di gioco, con Halo trovano una via di mezzo tra gli universi proposti nei titoli iper-realistici e quelli classici dei giochi fantascientifici. Se, ad esempio, si guardano le ambientazioni, le armi, i mezzi e i personaggi, si notano alcuni elementi realistici e altri caratteristici del mondo di Halo. Poi ci sono alcune aggiunte, come la modalità Firefight che permette di affontare in compagnia le ondate di Covenant, introdotta per la prima volta dalla serie Gears of War, ripresa poi con ODST e proposta ora all’ennesima potenza in Halo: Reach.
[SPOILER!] Un’altra cosa: in una missione bisogna entrare all’interno di un’astronave affrontando combattimenti nello spazio. Si tratta di una vera e propria missione aerea, caratteristica insolita in un FPS. Anche la caratterizzazione del team è accurata: c’è una ragazza con un braccio meccanico, lo sniper, un altro che ricopre il ruolo di tank umano…
GN: A proposito del multiplayer, negli ultimi anni abbiamo assistito all’uscita di titoli sparatutto che puntano sempre di più sulle sfide online. Questo può, in qualche modo, innescare una tendenza che porti a prestare meno attenzione alla componente narrativa o alla campagna single player?
AG: È un rischio reale per tutti gli FPS e proprio per questo motivo il single player rappresenta il segreto che custodiamo più gelosamente e sveliamo sempre all’ultimo momento. Lo dimostra il fatto che all’inizio c’è sempre una fase beta multiplayer, in questo caso riservata agli acquirenti di ODST e alla quale hanno partecipato milioni di persone. Successivamente, si offre la possibilità di testare di nuovo il multiplayer, ma nella sua incarnazione definitiva e solo alla fine si rivela la storia. La narrazione è importantissima e dev’essere convincente. Cito due esempi: Alan Wake e Silent Hill, che, come altri titoli, basano tutto il loro potenziale sulla trama. In questi casi il single player dev’essere praticamente perfetto, perché una volta terminata l’avventura, difficilmente la si riprende dall’inizio, fatta eccezione per alcuni giochi. È anche necessario bilanciare bene difficoltà e longevità, in modo che non sia troppo breve, ma nemmeno frustrante.
GN: Quali sono gli stimoli offerti da Reach per ripetere la campagna in singolo, oltre alla sfida proposta da livelli di difficoltà crescenti fino ad arrivare a Leggendario? Gli obiettivi da sbloccare, ad esempio, tengono conto di questo aspetto?
AG: Certamente sì. Tutti gli obiettivi si raggiungono solo con approcci diversi. A me personalmente capita di affrontare le sfide a volte con atteggiamento più strategico, magari da cecchino o con armi a lunga gittata, e in altre occasioni con metodi diversi, cambiando armi o sfruttando i mezzi. In sintesi, per passare dal punto A al punto B non c’è un solo modo. Il percorso è “scriptato”, ma lascia ampia libertà d’azione a differenza di altri sparatutto.
A questo proposito ti racconto un aneddoto. All’inizio del primo Halo, in occasione dello sbarco sulla spiaggia, c’è una mappa chiamata The Silent Cartographer, dove Master Chief doveva percorrere un tratto per portare a termine la missione, prima di tornare sui suoi passi. Quando siamo stati chiamati a Redmond per effettuare i primi test, sono stato l’unico a prendere un Warthog e fare tutto il percorso in poco tempo. È per questo motivo che, se provi ora a fare la stessa cosa, dopo cinquanta metri trovi un ostacolo che ti impedisce di passare con il veicolo. In altre occasioni, però, ogni giocatore può decidere di affrontare ciò che ha davanti a modo suo.
GN: Abbiamo ripescato dalla memoria i vecchi Halo, ora guardiamo avanti: cosa ci sarà nel futuro della serie?
AG: Bungie ha firmato un accordo con Activision per delle nuove proprietà intellettuali, ma Halo rimane in mano a Microsoft. Al momento non possiamo dire che ci sarà un nuovo titolo delle serie, ma sicuramente il franchise non si esaurisce qui. Stiamo parlando di un brand da miliardi di dollari, che spazia dai giochi ai vestiti, dai libri ai gadget.
Ti faccio un esempio. A metà anni ’90 ricordo di aver lanciato Lara Croft e Tomb Raider. Allora era diverso, in quanto si trattava di un fenomeno mediatico con un film, un’attrice famosa come Angiolina Jolie, ecc. Però, al momento, Halo è ciò che abbiamo e che più gli si avvicina. Se chiedi in giro, chiunque ti risponderà che conosce Lara Croft, ma, anche se parlando di Halo magari i giocatori non ricordano il nome di Master Chief, lo identificano come “quello con l’armatura”. Una decina di anni fa, nelle prime interviste, ci chiedevano chi sarebbe stata la mascotte di Xbox, così come potevano essere Sonic o Mario. La risposta era semplice: “non l’abbiamo”. La nostra strategia era quella di pubblicare dei giochi, poi quelli di maggior successo sarebbero diventati identificativi per la console. Con Halo è successo esattamente questo.
GN: Parliamo delle possibilità di personalizzazione di personaggi ed elementi di gioco e dell’editor presente in Halo: Reach. Quali sono le novità introdotte da questo punto di vista?
AG: Innanzitutto si può personalizzare pressoché qualsiasi dettaglio dei personaggi: dalla mostrina al tipo di armatura, fino alle specializzazioni della modalità Firefight. Inoltre c’è la Forge 2.0, che offre potenzialità incredibili nell’ambito della creazione dei livelli di gioco. Storicamente gli editor sono sempre stati più accessibili su PC, grazie anche alla possibilità di interagire con mouse e tastiera, ma ci sono un paio di esempi di strumenti, secondo me, altrettanto validi su console: la Forge di Halo e l’editor di Forza Motorsport 3.
Qui torniamo al discorso di prima. Il single player dev’essere perfetto, ma non si affronta la spesa per l’acquisto di un gioco sapendo di doverlo abbandonare sullo scaffale dopo poco tempo. Gli utenti vogliono poter sfidare i propri amici e avere parecchie cose da fare. Ad esempio, in Halo: Reach si possono registrare filmati di gameplay e poi condividerli, salvando una serie di dati e sfruttando poi il motore di gioco per ricostruire l’azione.
GN: Quali sono i piani relativi ai pacchetti DLC destinati ad Halo: Reach?
AG: Al momento ti posso dire che è previsto il rilascio di almeno tre espansioni. La prima è già confermata e mi aspetto il suo rilascio entro Natale, in quanto una pubblicazione a più di tre mesi dal lancio del titolo non avrebbe senso. Quali siano le sue caratteristiche, se un’aggiunta alla trama o qualche altro extra, non è ancora chiaro. Sappiamo che gli utenti Xbox 360, in particolare quelli appassionati ad Halo, sono prevalentemente portati al gioco online, quindi per loro gli elementi come armi o equipaggiamenti inediti saranno importanti. Le altre seguiranno nel lasso di un anno.
GN: Abbiamo parlato prima del motore di gioco e di alcune caratteristiche del comparto grafico. Con Reach, fino a che punto si è spinta Bungie nello sfruttare le potenzialità messe a disposizione dall’hardware della console?
AG: Fatta eccezione per la capacità del disco fisso, l’hardware non cambia, ciò che evolve è il middleware, ovvero gli strumenti a disposizione degli sviluppatori per la creazione dei giochi. In un certo senso, con il tempo migliorano anche il sistema operativo e tutto quello che gestisce il funzionamento della piattaforma. Se si confrontano Halo 3 e Halo: Reach la differenza è evidente, ma la Xbox 360 è rimasta la stessa. I miglioramenti sono il frutto sia della bravura della software house che dei nuovi strumenti a disposizione, oltre che dell’esperienza acquisita negli anni dal team e del feedback ricevuto dalle community. Lo dimostra anche la differenza tra i primi due Halo sulla prima Xbox.
GN: Chiudiamo scostandoci un po’ dall’ambito videoludico. Negli ultimi giorni sono tornate a circolare in Rete alcune indiscrezioni su un possibile film ispirato alla saga Halo. C’è qualcosa di vero e fondato in questi rumor?
AG: In passato si era coinvolto il regista Peter Jackson, ma poi, a causa di incomprensioni con la produzione, il progetto venne abbandonato. Pare che fosse già stato scelto anche l’attore protagonista, ovvero Denzel Washington. Personalmente posso dirti di aver visto, negli anni scorsi, alcuni filmati realizzati in preparazione del lungometraggio e utilizzati poi all’interno delle campagne pubblicitarie per Halo 3. Non escludo che ci sia qualcosa che bolle in pentola, ma in questo caso si tratterebbe di un progetto talmente imponente in termini economici che al momento non è ancora trapelato nulla.