Non conosce tregua l’assegnazione dei nomi di dominio in Italia: ma mentre la corsa alla registrazione delle url non si placa, sono moltissimi i siti che si perdono per strada o che restano perennemente in cantiere.
Nel 2001 gli indirizzi web di nuova registrazione hanno sfiorato il milione. Con precisione, lo scorso anno le url degli italiani sono salite a 909.000 portandosi al 18% in più rispetto agli indirizzi web assegnati nel 2000.
I siti mancati
Se nemmeno la crisi generale delle url ha accennato un contenimento dei nostri nomi a dominio, il quadro complessivo non è né roseo né tanto meno indicativo di una crescita del settore. Dal quinto rapporto dell’Internet Brenchmarking Italia, che ha fotografato fatti e tendenze dell’Internet nostrano per il 2001, emerge che il 70,8% dei domini non vengono poi effettivamente utilizzati.Vale a dire che nel 2001 i nuovi siti realizzati sono stati appena il 29% (265.500) di quelli registrati, con una significativa flessione rispetto all’anno precedente quando su 738.000 url in più, i siti realmente utilizzati erano il 231.000 (31,4%).
Su un campione di 30.000 siti visitati dall’IBI, poi, oltre la metà (52,4%) si è rivelato fermo alla sola homepage o non aggiornato da almeno un anno.
Â…e quelli attivi
In tutto questo si riconfermano come zoccolo duro delle pubblicazioni online i siti amatoriali e personali che si assestano ad un 31% di quelli realizzati.Il punto dolente delle presenze online tocca invece ai siti imprenditoriali, fermi al 16% con all’attivo 44.000 url effettivamente impiegate. Ha rafforzato il ruolo minoritario della piccola e media imprenditoria su Internet il clima di estremo realismo che nel 2001 ha preso il sopravvento sugli imprenditori. L’IBI ne ha intervistati 6.000, i quali, si sono dimostrati, in gran parte "insofferenti e stanchi" per le previsioni incredibilmente ottimistiche relative agli investimenti su Internet.
Una parziale rimonta arriva dall’e-commerce. Da una parte si è verificata una sorta di vera e propria esplosione di siti di commercio online con un’impennata di 8.000 siti rispetto ai 2.500 dell’anno precedente. D’altro canto c’è il rovescio della medaglia costituito dalla scarsa qualità del servizio offerto. Solo una parte veramente esigua dei siti (15%) offre, ad esempio, la certificazione di qualità dei prodotti, mentre il grosso dei siti svolge una funzione da vetrina per dare visibilità online all’azienda (l’85% dei siti contiene presentazioni dell’azienda). A ciò va aggiunto che appena il 30% (2.300) di questi indirizzi è rintracciabile tramite un motore di ricerca, mentre la maggior parte finisce inghiottita nei fondali del Web.
La mappa delle url
Ma dove sono collocati i siti attivati? Nella mappa geografica dei siti Internet realizzata dall’IBI la regione a maggiore densità di url si è rivelata la Lombardia che da sola assorbe un quarto dei nuovi indirizzi Web con un incremento del 2,57% seguita dal Lazio con un tasso di crescita dell’1%.Marcia indietro invece per le regioni del sud Italia e per l’Emilia Romagna che, a sorpresa, ha registrato un decremento del 3% dei siti.Tanti navigatori per pochi siti
A giustificare parzialmente l’abbandono delle url c’è il dato inoppugnabile che emerge dal rapporto IBI: tanti navigatori affollano pochi siti ignorando la maggior parte delle web page.A fronte dei 45 milioni di siti pubblicati nel mondo, con un totale di circa 6 miliardi di pagine, i navigatori si concentrano su non più di quattrocento siti.
I 600 o 700 milioni di internauti per il 90% si riversano su poche centinaia di url mentre, l’80% dei siti non supera una trentina di visitatori al giorno e solo il 5% degli indirizzi web supera i cento accessi quotidiani