Alle due tavole rotonde dello IAB di Roma (7 Maggio 2008) una delle questioni ricorrenti era la quantità di investimenti che le aziende hanno deciso di dedicare a Internet.
Una domanda rivolta a un set di aziende piuttosto grosse (da Enel a Poste Italiane, da Renault a Procter&Gamble) era proprio sulla quota di investimenti (rispetto al media mix) dedicata all’advertising online.
Se tutte le aziende (un po’ come detto nella tavola rotonda dello Iab di Milano) sono concordi che Internet sia un mezzo fondamentale, irrinunciabile, dalle grandi potenzialità e che loro stesse abbiano nel giro di pochi anni raddoppiato gli investimenti, hanno affermato che per ora gli importi rappresentano ancora percentuali inferiori al 10% del totale. C’è da dire che sono aziende che investono pesantemente in Comunicazione: con TV, radio, stampa, quindi in valori assoluti non sono cifre da poco. Tuttavia è comunque indicativo che limitino le azioni pubblicitarie online al 5% o al 7%.
Con eccezione di Avis, che sta puntando molto sul mezzo: (un 20%) sia per spingere la vendita dei suoi servizi (noleggio auto) che per rilevare i feedback dei suoi clienti.
È emersa la commistione fra Internet e gli altri media (e non sostituzione) sia a livello di campagne (rilancio da spot TV al sito) che di testimonial (citato il caso di Poste Italiane che ha scelto come testimonial del lancio di posta target un personaggio simbolo della TV italiana: Mike Bongiorno).
Oltre ai case history riportati (dei quali si sono detti tutti entusiasti), era importante il dialogo fra le aziende e gli operatori, che in alcuni casi (con domande dal pubblico) ha fatto emergere problematiche non risolte.
Fra le varie domande ricordo quella di un publisher di piccole dimensioni ma molto verticalizzato e targetizzato che ha problemi ad allinearsi con le logiche delle grandi concessionarie; la richiesta di un brand di rilievo come Expedia di essere fornito di strumenti per valutare la bontà delle azioni e delle offerte ricevute; l’effetto boomerang di alcune iniziative legate ai social network se non fatte con i giusti modi (l’esempio citato era relativo alla mail “vuoi essere amico di Mazda?”).
Da parte degli operatori la richiesta è quella di una maggior semplicità: basta parlare di Web 2.0 e di cose troppo innovative se non si sono ancora provate e comprese quelle “vecchie”: banner, publiredazionali, ecc. Questo non significa che non ci sia una totale apertura e propensione a sperimentare e crescere insieme.
Mauro Lupi, moderatore della seconda tavola rotonda, ha intelligentemente fatto notare che serve anche una valorizzazione di certe figure professionali: il Web non è più il luogo dei “pischelli informatici”, ma un canale dove Professionisti della Comunicazione stanno dimostrando il valore di certe azioni. E questo deve avere il suo giusto prezzo (in Italia ci sono i prezzi più bassi d’Europa per certi servizi).