La rimozione di un’emoji in iOS, per rispettare le rigide leggi cinesi, ha comportato qualche settimana fa problemi agli utenti negli altri Paesi del mondo. È quanto sottolinea un intervento di Patrick Wardle, esperto di sicurezza per Digita Security, nell’illustrare l’intoppo che ha coinvolto Apple con la bandiera di Taiwan, per iOS 11.3 e antecedenti.
Così come spiegato dall’esperto, diversi utenti hanno segnalato una problematica in iOS 11.3 e versioni precedenti, relativa all’immissione della parola “Taiwan” dei campi di testo sia delle applicazioni ufficiali di Apple che in quelle di terze parti. Il malfunzionamento, pressoché identico anche nel tentativo di usare l’emoji della bandiera del Paese asiatico, avrebbe causato il crash del sistema operativo, costringendo talvolta al riavvio del device. La questione è stata completamente risolta in iOS 11.4.1, eppure Wardle ha voluto sottolineare alcuni elementi di sicuro interesse sull’intera vicenda.
Secondo quanto spiegato dallo sviluppatore, il malfunzionamento sarebbe relativo alle richieste avanzate dalla Cina al produttore di Cupertino, tra cui la necessità di rimuovere emoji e riferimenti a Taiwan per l’uso di iOS all’interno del territorio della nazione. In breve, per assecondare questa necessità Apple avrebbe implementato alcuni comandi, tra cui l’operazione “removeEmoji”, affinché il sistema operativo potesse verificare la regione d’uso del device per abilitare o rimuovere la possibilità di accedere alla bandiera e ad altre indicazioni su Taiwan. Per qualche bug di progettazione, però, la tecnologia impiegata è risultata funzionante per gli utenti cinesi, ma non per quelli in altre nazioni mondiali, quest’ultimi coinvolti dal già descritto crash.
Le relazioni tese tra Cina e Taiwan sono ben note da tempo, considerato come la prima consideri l’isola parte del proprio territorio, mentre quest’ultima si sia dichiarata uno stato sovrano indipendente. L’intoppo su iOS, nel frattempo, dimostra quanto sia difficile per le aziende estere operare sul suolo cinese, tra censure e severe limitazioni, un mercato però a cui le stesse società non possono rinunciare dato l’enorme bacino d’utenza e ai rapporti commerciali di produzione.