La gran parte dei nuovi acquirenti di iPhone 6 e iPhone 6 Plus proverrebbe dall’universo Android. È quanto afferma nientemeno che Tim Cook, in un intervento per il Wall Street Journal a seguito dei risultati record per il Q1 2015. A quanto pare, l’ultima generazione degli smartphone targati mela morsicata sarebbe a prova di switcher.
I numeri sono ormai già ben noti e, con grande stupore degli analisti di borsa, ben più generosi delle aspettative della vigilia: 74,6 miliardi di dollari di ricavi per 74,5 milioni di iPhone distribuiti. Un successo da attribuire principalmente a iPhone 6 e iPhone 6 Plus, due device dagli schermi generosi entrati così in competizione dal mondo Android. E proprio dal robottino verde sembra che Apple abbia raccolto gran parte dei nuovi utenti.
Tim Cook ha detto che meno del 15% dei recenti acquirenti iPhone ha effettuato l’upgrade da un precedente iPhone. La maggior parte ha effettuato lo switch da smartphone con Android, il sistema operativo di Google.
Così come confermato già durante la rivelazione dei risultati fiscali del quarto, Cook ha confermato come quello visto sia il “più alto tasso di switcher Android degli ultimi tre lanci”. Dati questi risultati, il CEO di Cupertino si attende una crescita costante per i prossimi mesi, con forse un salto del 30% rispetto allo scorso anno. Non tutti gli analisti, tuttavia, concordano con questa visione. iPhone 6 e iPhone 6 Plus hanno potuto contare sulle novità dello schermo più grande, una caratteristica chiesta a gran voce sia dai clienti abituali Apple che dai consumatori incuriositi ma ancora legati ad altre marche. L’effetto novità potrebbe però esaurirsi presto, per una bolla che probabilmente si sgonfierà con la successiva generazione “s” degli attuali device. La crescita annuale rimarrà comunque evidente, ma più contenuta: dal 4 al 10%.
Infine, è interessante notare come la grande ondata di switcher possa essere dovuta soprattutto all’estero. I dati CIRP negli Stati Uniti dimostrano un andamento costante negli ultimi anni, mentre un boom soprattutto in Cina. I mercati asiatici, di conseguenza, potrebbero ben presto diventare l’asso nella manica di Cupertino.