Paul Holman e Lucy Rivello, residenti rispettivamente in Washington e in California, hanno avviato una class action contro Apple richiedendo alla società di Cupertino ben 1,2 miliardi di dollari di danni. L’accusa è di aver artificiosamente impedito l’utilizzo dell’iPhone con altri operatori al di fuori di AT&T e l’installazione di software prodotto da terze parti.
Il telefono della mela risulta infatti legato in maniera indissolubile al carrier americano AT&T sin dalla sua nascita e ogni tentativo di utilizzare SIM prodotte da altri operatori mobili comporta un blocco ineluttabile del telefonino. La comunità si è messa comunque all’opera offrendo diverse soluzioni hardware e software in grado di superare tale limitazione e permettere così l’utilizzo di carrier alternativi. Il 24 settembre Apple ha però rilasciato il famigerato aggiornamento 1.1.1, che seppure non in grado di portare al tanto paventato blocco degli iPhone modificati, rende necessaria una nuova identificazione del telefonino tramite SIM originale AT&T (un nuovo hack ha comunque reso nuovamente “libero” chi possiede il telefonino della mela dotato del nuovo firmware).
In base a quanto affermato nella documentazione legale che accompagna la nuova class action, «Apple ha espressamente progettato l’aggiornamento 1.1.1 per disabilitare le applicazioni prodotte da terze parti e disabilitare le SIM sbloccate, e per creare barriere tecniche alla installazione di nuovi applicativi di terze parti o allo sblocco delle schede SIM». A riprova di quanto affermato, «la versione 1.1.1 presenta cambiamenti e migliorie alquanto limitati». Apple avrebbe agito quindi in regime di monopolio, dimenticando che negli Stati Uniti non è il telefono cellulare ad essere legato ad un operatore mobile ma solamente la scheda SIM.
Paul Holman ha acquistato due iPhone e utilizzato applicativi di terze parti mentre Lucy Rivello vorrebbe poter utilizzare software non progettato da Apple per il telefonino e passare all’operatore T-Mobile.