Dove c’è un iPod c’è pericolo di incendio. La tesi è sostenuta da Kiro Tv, secondo le cui ricerche sarebbero molti i casi già verificatisi. Il tutto sarebbe però aggravato da un comportamento ostruzionista da parte di Apple, i cui legali avrebbero in ogni modo fermato la pubblicazione delle osservazioni della Consumer Product Safety Commission. Trattasi di documentazione, a tutti gli effetti, scottante: gli iPod sarebbero stati più volte identificati come causa di incendio e di danni fisici causati da temperature eccessive. Ora che il vaso di Pandora si è aperto, il caso è destinato a far discutere.
Il problema sarebbe datato e diffuso su ogni tipo di iPod: dal classico al Nano, fino allo Shuffle. Le segnalazioni sono giunte da più parti a livello internazionale, facendo riferimento a fumo fuoriuscito dal case fino a ustioni da contatto diretto, passando per veri e propri incendi con fiamma viva. Il filo comune delle narrazioni raccolte da Kiro 7 è nel fatto che Apple sia stata avvertita più volte di quanto successo, ma le risposte sono sempre state relative a “casi isolati” non meritevoli di ulteriori approfondimenti. Inevitabilmente, inoltre, il problema viene ricollegato anche al pericolo di surriscaldamento già verificato sugli iPhone ed ammesso da Cupertino.
La causa potrebbe essere nelle batterie al Litio utilizzate dai dispositivi Apple. Tanto Apple quanto Dell avrebbero già richiamato numerose batterie nel 2006, ma gli iPod sono stati finora esclusi da questo tipo di iniziativa. Indagini interne di Apple sminuiscono ancor oggi il problema, il tutto con la conferma proveniente dal report conclusivo della Consumer Product Safety Commission: «il numero di incidenti è estremamente basso in relazione al numero di prodotti venduti, rendendo il rischio di incidente molto basso». Poche unità su oltre 170 milioni di device, insomma, non costituiscono una casistica meritevole di particolare attenzione e, soprattutto, non rappresentano un rischio tale da motivare un recall di massa che avrebbe costi ingenti per l’azienda. Teoria confermata anche da federali e agenzie governative: gli stessi dati, spiega la CPSC, sono già stati passati al vaglio in passato senza tuttavia configurare una situazione tale da poter imporre un richiamo alla casa madre dei prodotti difettosi.
800 pagine di documentazione mettono Apple all’indice. Almeno 15 i casi dettagliati nel report, descriventi le situazioni e le persone coinvolte (in molti casi ragazzi giovani ed il più delle volte senza gravi conseguenze). Se il problema non è numericamente consistente, balza però all’attenzione la resistenza posta dall’azienda alla pubblicazione dei dati emersi: 7 mesi di ostruzionismo offrono all’indagine KiroTv la migliore delle promozioni.