Dell’intervento militare USA in Iraq si è parlato in mille modi diversi. Non sono certamente mancate le polemiche sulle finte prove della presenza di armi di distruzione di massa, così come sull’opportunità in generale di invadere un paese per “liberarlo”. Quello che emerge in questi giorni è che, a margine di tutto ciò, la MPAA in questi anni si è profondamente preoccupata di fermare i soldati, non nel loro lavoro, ma nel loro svago.
Infatti, si sa che per un soldato americano in Iraq l’unico modo per vedere le ultime uscite cinematografiche o ascoltare l’ultimo disco del proprio cantante preferito sia l’uso massiccio di sistemi P2P o l’acquisto di DVD/CD pirata nei “mercatini”.
Dei documenti, risalenti a pochi anni fa e appena rilasciati pubblicamente dall’esercito, non lasciano dubbi su quale sia stata la reazione dell’associazione anti-pirateria a queste usanze. E, ribadiamo, stiamo parlando di persone che sono poste, per motivi di “lavoro”, al di fuori dei canali normali di distribuzione: in questo senso, siamo di fronte a una presa di posizione più di principio, che ragionevole sotto qualsiasi altro punto.
La replica degli stati maggiori dell’esercito fu piuttosto imbarazzata e ricordò, più che altro, che soprattutto per quel che riguarda l’acquisto di DVD pirata nei mercatini a valere dovrebbe essere la legge irachena e non quella statunitense. Inoltre, aggiungevano, visti i “buoni rapporti” fra esercito e industria dello spettacolo, la soluzione migliore sarebbe che quest’ultima fornisse dei servizi agevolati ai “coraggiosi” militari, in modo da non lasciarli privi dei loro “show” preferiti.
“Ma non sia mai che qualcuno consumi senza pagare il proprio conto”, sarà stata la probabile risposta dei fondamentalisti del copyright. Che in guerra, e l’assoluta tragedia della guerra è tanto evidente anche a noi italiani in questa giornata, ci si preoccupi di queste cose appare davvero una cosa fuori dal mondo.