Arriva dal ministro irlandese Mary Hanafin (rappresentante presso l’UE del turno irlandese di presidenza europea) un resoconto che apporta nuovi punti di riflessione sullo sviluppo dei sistemi open source sul mercato. Al fine di permettere una più chiara lettura di quanto espresso dal ministro, va immediatamente sottolineato come il tutto sia emerso durante un dibattito interno al 16° convegno annuale dell’Irish Software Association, evento organizzato dalla Microsoft.
Mary Hanafin ha inteso deviare le attenzioni ultimamente riservate all’Open Source portando il mirino su un piano intermedio e definito Open Standard. L’Open Standard è un sistema che condivide le proprie radici con le origini dei sistemi multipiattaforma: votato alla condivisione delle informazioni, l’Open Standard punta infatti all’interoperabilità dei sistemi e considera una ricchezza la possibilità di sfruttare più piattaforme all’interno di uno stesso programma di sviluppo.
Attualmente il mercato è diviso tra sistemi proprietari e sistemi open source: nonostante questi ultimi siano aperti alla manipolazione degli utenti, i due piani sono tuttavia completamente separati e tra i due mondi vige la più totale incomunicabilità. L’Open Standard ambisce a divenire il codice di condotta che unisce le due fazioni in lite, sfruttando le peculiarità e creando ricchezza proprio dalla diversità dei due poli. L’Open Standard dunque contempla sia i sistemi proprietari che i sistemi open, tentando di creare un sistema in grado di comprendere e sposare le esigenze di entrambi.
Il convegno dell’Irish Software Association si è svolto in (casuale?) contemporaneità con L’ICT Expo (LinuxWorld Ireland Conference), ove la comunità open source si è ritrovata attorno al simbolo del pinguino per fotografare lo sviluppo della piattaforma in Irlanda. L’Irlanda è uno di quei paesi ove l’etica Open Source fatica maggiormente ad imporsi, e tuttora non si discosta dal ramo “embedded”. Ciò è dovuto ad un certo retaggio del passato, ad una sorta di legame debitorio che il paese conserva nei confronti di quelle aziende (soprattutto statunitensi, dai principi sicuramente più vicini all’etica proprietaria che non alla filosofia open source) che nel passato hanno portato investimenti fondamentali per lo sviluppo nell’isola.